ROMA – Marco Rea, pittore romano classe ’75, esponente della Lowbrow Art italiana, presenta al pubblico “Destroy with care”, un’antologia di opere in cui l’artista si relaziona al mondo della moda, intervenendo pittoricamente su immagini pubblicitarie, che vengono così stravolte e ridefinite.
La mostra, a cura di Marta Bandini ed Elettra Bottazzi, sarà ospitata dalla galleria Parione 9 di Roma, fino al 30 luglio 2017.
In questa intervista, realizzata in occasione dell’inaugurazione, l’artista ha raccontato il senso del suo lavoro e la nascita di questo progetto espositivo, il cui significato è racchiuso in un titolo che ha la forza di un ossimoro. La stessa forza che pervade le opere, dalle quali emana comunque una tensione all’equilibrio, elemento fondamentale di una ricerca artistica tradotta in opere che parlano d’introspezione.
Come nasce “Destroy with care”?
Distruggere per me ha un doppio significato, in quanto nel mio lavoro utilizzo immagini già esistenti, che vado a stravolgere, fin quasi a distruggere ciò che erano prima. Questa distruzione dà forma a qualcosa di nuovo. Inoltre io metto la massima cura nella creazione, mi prendo cura dei soggetti che realizzo.
Quali opere accoglie la mostra?
La mostra è un’antologica che raccoglie opere dal 2005 fino ad oggi, in particolare da quando ho iniziato a lavorare con immagini pubblicitarie, prese da riviste di moda, da copertine oppure da cartelloni.
Si tratta quindi di un lavoro basato sulla rielaborazione delle immagini?
Esatto, c’è questo meccanismo di ready made, che mi porta ad intervenire sulle immagini dipingendo con colori spry.
L’uso del colore ha un valore nella struttura delle sue opere?
La mia ricerca è sempre orientata all’equilibrio, anche nell’uso del colore.
E le tonalità di rosso e di rosa, che ricorrono tanto spesso nei suoi lavori, hanno un significato particolare?
In realtà no. Non mi piace legare un colore a un significato, anzi spesso purtroppo il rosso viene associato al sangue e il nero a qualcosa di negativo. Nei miei quadri, per esempio, le colature di colore nero che cadono dagli occhi possono rimandare alle lacrime, ma per me non è così, sono colature di colore.
Quindi se non c’è un messaggio legato a questo aspetto dell’immagine, l’interpretazione è del tutto libera?
Assolutamente. Il mio è un uso del colore più espressionista, non legato a simboli. Mentre mi piace molto giocare con la figura umana e rimanere in bilico tra figurativo e astratto.
Nelle sue opere insiste tanto sulla figura femminile, come mai?
Lavoro anche con immagini maschili, poche è vero, ma perché trovo nella donna una figura più comunicativa, credo che sia un catalizzatore di emozioni.
E queste donne, oltre la loro esteticità, cosa vogliono dirci?
Quando dipingo immagino spesso una donna che indaga se stessa.
Lei racconta il loro momento introspettivo.
Si, una solitudine che non implica per forza la tristezza. Spesso immagino queste figure come se si guardassero allo specchio.
I loro occhi però sono celati. Perché?
Modigliani diceva che per dipingere gli occhi di una persona, devi conoscere la sua anima. Ecco, per me è un po’ il contrario. Credo che il fatto di non vedere l’occhio, faccia andare più nel profondo, è come scavare nell’interiorità. In fondo è come se queste figure indossassero delle maschere e grazie ad esse riescono a far vivere quella parte di sé altrimenti inespressa.
Tutto questo che nesso ha con il mondo della moda?
Vivendo in una città come Roma, sono costantemente circondato dalle pubblicità, ed è stato veramente spontaneo guardare ciò che avevo intorno, prenderlo e renderlo mio, in questo processo di distruzione dolce, avendo cura appunto. Inaspettatamente il mondo della moda è stato attratto dal mio lavoro e così ho iniziato a collaborare con loro.
Sta lavorando ad altri progetti in questo periodo?
Si, in effetti è un momento molto impegnativo. Questo mese, oltre a questa personale, sono in mostra a Miami e a Londra, poi sarò a Tokyo in una mostra a cui sarà presente anche Kate Moss, e a breve sarà pubblicata una mia intervista su Vogue.
Saluto Marco Rea, che gentilmente mi ringrazia e torna dai visitatori. Guardo le opere un’ultima volta e per un momento, davanti a una di esse, mi sembra di vedere me stessa, che si osserva, tentando di capire cosa c’è oltre.
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Vademecum
Marco Rea
“Destroy with care”
8 giugno – 30 luglio/ 2017
Galleria Parione 9
Via di Parione, 9 Roma
Orari: martedì – sabato, 11.00-14.00/16.00-20.00 domenica, 16.00-20.00