ROMA – È recente la notizia che lancia l’allarme relativo all’area archeologica di Persepolis. Il pericolo è quello di un vero e proprio sprofondamento del sito a causa dell’aumento spropositato delle fenditure e fratture apertesi nel terreno. Il fenomeno, secondo quanto riportato già da alcuni media locali, in particolare il quotidiano Etemaad, ma anche in un articolo della stessa ANSA, sarebbe causato dalla eccessiva siccità e dal massiccio, quanto illegale, uso delle falde acquifere. Si fa infatti riferimento in particolare a pozzi scavati nella zona, nonostante il divieto dell’Organizzazione iraniana per i Beni culturali, la quale già prima che scattasse l’allarme, aveva cercato in tutti i modi di ostacolare questa pratica. Sarebbero infatti 16 mila i pozzi scavati nella nella pianura di Marvdasht, di cui il 50% non autorizzati. Inoltre, se a questo si aggiunge il fatto che in passato bastava scendere a 50 metri sotto terra, mentre ora è necessario raggiungere i 200 metri, è facile comprendere come il rischio di subsidenza sia davvero reale e contingente. Stiamo parlando infatti di un’area che dal punto di vista archeologico ha un’importanza estremamente rilevante, basti pensare che qui sorgono i resti monumentali dell’antica capitale persiana con le tombe dei re di Naqsh-e Rostam. Ma a quanto pare i danni sono già iniziati e il pericolo è proprio in danneggiamento delle antiche pietre. Sul posto sono presenti anche gli archeologi italiani dei laboratori per il restauro della pietra dell’Istituto superiore per la conservazione e il restauro (Iscr) di Roma. Si trovano nella vicina Pasagarde, ovvero nell’area della tomba di Ciro il Grande e stanno lavorando nell’ambito di un progetto predisposto in collaborazione con l’Iranian Cultural Heritage Organization. Essendo i pozzi legati prevalentemente ad attività agricole, che ovviamente non possono essere bloccate, Kourosh Mohammadkhani, uno degli esperti citati dal quotidiano iraniano, propone l’acquisto graduale delle terre da parte del governo.
Condividi l'articolo