ROMA – L’Istat in una recente indagine, dal titolo “I musei statali al tempo del Covid-19”, ha stimato che l’emergenza sanitaria e il relativo lockdown che ha chiuso i musei in tutta Italia abbia causato, tra marzo e maggio 2020, una mancata affluenza di quasi 19 milioni di visitatori e un mancato incasso di circa 78 milioni di euro per i musei statali.
Fino al 2019 i musei statali avevano visto un rapido incremento della platea dei visitatori, aumentati del 46,8% dal 2010 al ritmo di 1,7 milioni in più in media ogni anno. La pandemia ha arrestato improvvisamente questa tendenza, azzerando una partecipazione storicamente in crescita.La disponibilità di dati mensili sugli ingressi e gli incassi registrati nelle strutture statali negli ultimi dieci anni (dal 2010 al 2019) consente di tracciare una dinamica tendenziale, tenendo sotto controllo i fattori di stagionalità e le perturbazioni dovute a particolari circostanze occasionali o ricorrenti.
“E’ quindi possibile prospettare – evidenzia l’Istat – quale sarebbe stato l’afflusso ai musei e agli istituti similari qualora non fosse intervenuta la crisi scatenata dalla pandemia. I valori elaborati permettono di tracciare lo scenario atteso (scenario controfattuale) che l’emergenza ha impedito di realizzare. Basandosi sulla serie storica dei dati forniti dal Ministero è possibile stimare che per il 2020, in assenza di Covid-19,si sarebbe potuto realizzare un incremento del numero di visitatori dei musei statali dell’8,1% rispetto al 2019 e un aumento degli introiti lordi del 12,8%”.
“Per il 2020 – conclude l’Istat – si può stimare che il pubblico dei musei, dei monumenti e delle aree archeologiche a gestione statale sarebbe stato complessivamente di 59,2milioni di visitatori, e che avrebbe permesso di realizzare entrate per oltre 273 milioni di euro. A seguito della chiusura al pubblico necessaria per il contenimento del contagio daCovid-19, si stima invece che per i soli mesi di marzo, aprile e maggio di quest’anno il numero di mancati ingressi alle strutture statali sia stato pari a circa 19 milioni, con una perdita, in termini di mancati incassi, di circa 78 milioni di euro”.
Dalla stessa indagine emerge inoltre quanto ci sia ancora da fare per la digitalizzazione nei musei italiani.
L’esperienza di lockdown vissuta dai primi di marzo, con la chiusura fisica di tutti i luoghi della cultura presenti sul territorio italiano, ha infatti messo in evidenza la necessità di attuare e sviluppare modalità alternative di valorizzazione e di fruizione del patrimonio culturale da parte del pubblico e di ripensare al contributo che le tecnologie digitali possono fornire.
Rispondendo all’appello “#iorestoacasa, la cultura non si ferma”, molte istituzioni culturali statali hanno promosso iniziative per consentire ai cittadini di accedere in modalità online al patrimonio. A Roma, Milano, Venezia, Napoli, Torino, Firenze, Bologna e Padova diversi musei statali hanno messo a disposizione tour virtuali, collezioni online, iniziative digitali e social per coinvolgere il pubblico, anche se a distanza.
“Complessivamente – sottolinea l’Istat – il processo di digitalizzazione del patrimonio culturale e dei servizi erogati presenta ancora ampi margini di miglioramento nel nostro Paese. In base ai dati rilevati dal censimento Istat del 2018 solo l’11,5% dei musei e degli istituti similari statali ha effettuato la catalogazione digitale del proprio patrimonio. Di questi, solo il 20,8% ha completato il processo di digitalizzazione, il 43,4% ha riversato in digitale circa la metà delle opere mentre il 35,8% ha digitalizzato meno della metà delle proprie collezioni”.