ROMA – Nel 2020 in seguito ai provvedimenti di legge che hanno disposto la chiusura obbligatoria delle strutture museali per il contenimento della diffusione del Covid-19 (tra fine febbraio e maggio e tra novembre e dicembre), quasi tutti i musei (92%) sono riusciti comunque a garantire servizi e attività, riaprendo gli spazi espositivi al pubblico di visitatori quando consentito. Sono questi i dati rilevati dall’Istat. La metà dei musei (56,7%) – si legge nel rapporto dell’Istituto – è rimasta aperta al pubblico per più di cinque mesi nell’anno, il 28,1% da tre a cinque mesi, mentre il 15,2% ha assicurato l’accesso fisico ai visitatori soltanto per due mesi.
I musei delle regioni del Centro (61,1%), i musei dei grandi centri urbani (63,2%) e delle città metropolitane (59%) sono riusciti più di altri a garantire un’apertura prolungata delle strutture (più di cinque mesi). Mediamente, nel corso del 2020, le strutture sono state aperte al pubblico per circa 116 giorni.
Le misure anti-contagio
Nei mesi in cui il pubblico ha avuto accesso agli ambienti espositivi, l’82,4% dei musei ha adottato almeno una delle misure sanitarie richieste per ridurre il rischio di contagio.
Oltre all’utilizzo di prodotti disinfettanti per l’igiene delle mani (85,8%) e a dispositivi per il rilevamento della temperatura corporea all’entrata della struttura (63,1%), molti musei hanno organizzato le visite in modo da contingentare le presenze (82%) o da consentire soltanto ingressi programmati con appuntamento telefonico e online (58,1%). Poco più della metà dei musei (54,2%) ha predisposto percorsi di visita anche con segnaletica orizzontale e il 44,9% ha realizzato delimitazione delle aree di contatto con barriere fisiche adeguate.
Il calo dei visitatori
Ovviamente, la crescita progressiva del numero di visitatori registrata negli ultimi anni ha subito un brusco arresto. Nel 2020 si è infatti registrato un -72% di visitatori di musei, aree archeologiche, monumenti e complessi monumentali rispetto all’anno precedente.
I tour virtuali e il ricorso alle attività digitali
Sette musei su 10 (73%) hanno promosso modalità di visita online, incrementando le iniziative e i servizi digitali già disponibili nel periodo pre-pandemia, proprio per rimanere in contatto con il pubblico.
Di questi, la maggioranza (63,6%) ha realizzato attività a distanza di comunicazione e informazione attraverso i principali social media (Facebook, Instagram, Twitter), il 46,1% ha incrementato o avviato iniziative di informazioni tramite piattaforme web dedicate, il 39,1% ha realizzato presentazioni in streaming delle proprie collezioni o proposto video interviste con esperti del settore.
Tre musei su 10 (il 30%) hanno scelto di mettere a disposizione degli utenti tour virtuali della struttura museale, per consentire la visita guidata a distanza degli ambienti espositivi. Per organizzare ed erogare servizi online i musei in gran parte (85,4%) si sono avvalsi di personale interno che già disponeva delle competenze professionali necessarie per gestire le tecnologie digitali. Relativamente pochi i musei che hanno fatto ricorso a figure professionali esterne (24,3%) o fornito appositi interventi formativi o di riqualificazione professionale al personale interno (11,7%).
Le attività digitali d’informazione e comunicazione online con il pubblico hanno coinvolto un numero più ampio di strutture rispetto agli anni precedenti: nel 2019 infatti il 63,4% degli istituti era presente sul web con un proprio sito dedicato, il 57,4% aveva aperto un account sui più importanti social media e il 27% dei musei offriva tour e visite virtuali sul proprio sito web.