ROMA – Qualche settimana fa è stata diffusa la notizia della scoperta della prima pittura realizzata da Leonardo da Vinci, risalente al 1471: un Arcangelo Gabriele dipinto su una piastrella di terracotta invetriata, presumibilmente autoritratto del genio rinascimentale. Era stato il professor Ernesto Solari e la grafologa Ivana Bonfantino ad identificare l’opera come manufatto autentico di Leonardo. Diffusa la notizia, peraltro accolta con scetticismo e anche con un po’ di ironia, in particolare sui social, alcuni esperti di Leonardo si erano mostrati perplessi riguardo l’autenticità dell’opera, tra questi anche Martin Kemp, il quale avrebbe dichiarato al “Guardian” che le possibilità che la maiolica possa essere del genio toscano “sono meno di zero”.
Solari nel corso della presentazione aveva spiegato che l’opera, appartenente agli eredi della famiglia Fenice di Ravello, alla quale fu donata dalla duchessa di Amalfi, Giovanna D’Aragona, era stata completata direttamente da Leonardo fino all’ultima cottura e che la sua autenticità era stata dimostrata da complesse tecniche scientifiche, come la termoluminescenza e l’analisi stratigrafica, ma anche dalla perizia grafologica, condotta sia sulla firma mimetizzata nella mandibola, che su una sigla con le iniziali sul bordo inferiore del dipinto.
A confutare quanto dichiarato da Soleri sono intervenuti recentemente due esperti di ceramica, Federico Malaventura, perito del tribunale di Pesaro e collaboratore di musei e privati, e il professor Ettore Sannipoli, tra i maggiori esperti di maiolica eugubina rinascimentale e moderna. Secondo i due l’opera non è attribuibile a Leonardo. Si tratterebbe invece di un manufatto molto più recente, databile intorno agli inizi Novecento. Per Malaventura, intorno al 1920-1930. L’autore inoltre avrebbe anche un nome, si tratterebbe infatti del ceramista Aldo Ajò, che è stato anche direttore della fabbrica SCU (Società Ceramica Umbra) dei Fratelli Rubboli a Gualdo Tadino. Della stessa opinione di Malaventura sarebbe anche Sannipoli. I due esperti parlano infatti di una maiolica di tipo industriale. Ma non solo. Anche lo stile del dipinto sembrerebbe riconducibile proprio alla tecnica di Ajò. Insomma, pur non avendo certezze assolute sulla mano di Ajò, secondo Malaventura e Sannipoli di certo non si tratta di un Leonardo.
Nel frattempo il professor Ernesto Solari e la grafologa Ivana Bonfantino hanno replicato alle perplessità diffuse tra i diversi esperti, dichiarando che “un’indagine da 6mila documenti e tre anni di studio scientifici non merita diatribe da gossip”, aggiungendo che “dispiace notare come coloro che si limitano a visionare solo immagini fotografiche, in tal caso della quadrella in oggetto, si lascino andare a battute spiritose o comunque fuori luogo, che dimostrano la non conoscenza della realtà scientifica che ne sostiene l’autenticità”.