Un piccolo capolavoro del Rinascimento musicale torna a vivere. La spinetta realizzata intorno al 1552 da Franciscus Patavinus, conservata nei depositi del Museo Correr di Venezia, è stata oggetto di un attento intervento di restauro, che ha restituito piena funzionalità sonora a questa preziosa testimonianza della cultura musicale della metà del Cinquecento.
L’intervento rientra tra le attività di valorizzazione del patrimonio artistico della Fondazione Musei Civici di Venezia, ed è stato curato da Graziano Bandini con la collaborazione del Laboratorio Arvedi di Diagnostica Non Invasiva (CISRIC) dell’Università di Pavia. Il restauro è stato reso possibile grazie al sostegno di Louis Vuitton. L’esemplare veneziano, firmato Franciscus Patavinus e datato alla metà del XVI secolo, è un caso raro di conservazione pressoché integrale. L’attribuzione è stata confermata da un confronto con un virginale, piccola spinetta diffusa in Inghilterra in epoca elisabettiana, conservato al Conservatoire Royal de Musique di Bruxelles, opera certa dello stesso autore e molto simile sotto il profilo tecnico e formale. A Patavinus è inoltre attribuito un cembalo conservato al Deutsches Museum di Monaco. Un ulteriore elemento di autenticazione è rappresentato dalla scritta «basi» incisa su un cartesino nella parte sinistra della tastiera, analoga a quella presente sullo strumento di Bruxelles.
«Il ritorno al suono di questo strumento non è solo un gesto conservativo – sottolinea Andrea Bellieni, curatore del Museo Correr che conserva oggi una collezione di circa settanta strumenti storici, frutto di donazioni, lasciti e acquisizioni. Tra i pezzi più rilevanti spiccano, oltre alla spinetta di Patavinus, il magnifico organo realizzato da Lorenzo Gusnasco da Pavia nel 1494, autentico capolavoro dell’arte organaria del tardo Quattrocento – ma un modo per riattivare una memoria viva. Restituire voce a un oggetto antico significa ricollocarlo nel suo contesto originario: non come semplice reperto, ma come testimone attivo della cultura che lo ha generato».
Appartenente alla famiglia del clavicembalo, la spinetta si distingue per le dimensioni ridotte e una sonorità più raccolta, ideale per ambienti privati. Diffusissima tra la fine del Quattrocento e il Seicento, trovava spazio soprattutto in contesti aristocratici e colti, ed era spesso suonata da donne. Leggera, elegante, destinata al dialogo più che alla scena, la spinetta rappresentava un simbolo di raffinatezza e cultura. Lo strumento fu acquistato dal Museo Correr all’inizio del ‘900 e studiato in dettaglio nel 1995 dallo specialista Grant O’Brien. Tuttavia, solo con il recente intervento avviato nel 2021 e curato da Graziano Bandini, la spinetta ha riacquistato piena funzionalità. Il restauro ha riguardato in particolare il mobile ottocentesco che la custodisce, mentre lo strumento cinquecentesco è stato ritrovato in condizioni eccezionali: i ponticelli erano ancora nella loro posizione originale e la tavola armonica non presentava rimaneggiamenti. Per ripristinare la funzionalità musicale, sono stati ricostruiti i salterelli – piccoli leveraggi in legno che permettono ai tasti di pizzicare le corde – attraverso un minuzioso intervento tecnico che ha restituito allo strumento la sua voce originale. Le corde sono state reinstallate, mentre i salterelli originali sono stati accuratamente conservati. Il restauro è stato anche occasione per applicare metodi di ricostruzione storica, basati sull’uso di unità di misura pre-metriche come once e piedi veneziani