ROMA – E’ stato presentato a Roma, anche alla presenza del ministro dei Beni culturali e del Turismo Dario Franceschini,il 16esimo Rapporto Annuale Federculture “Impresa e cultura”, il cui sottotitolo quest’anno è “Dal tempo della cura a quello del rilancio”.
Il rapporto fa il punto sulla situazione dei consumi culturali, il cui andamento è notevolmente peggiorato in questi ultimi decenni. A pesare molto su questa situazione, già poco idilliaca, è sicuramente l’emergenza sanitaria legata al Covid-19.
La ricerca evidenzia, infatti, che il 70% delle aziende culturali stima perdite del 40% del proprio bilancio mentre il 13% registra perdite superiori al 60%. Solo il 22% delle imprese culturali immagina un futuro ritorno alla normalità, mentre il 50% prospetta una riduzione e ridefinizione delle proprie attività.
Le risorse pubbliche destinate al settore negli ultimi vent’anni e l’andamento della fruizione culturale
Prima della pandemia, le risorse pubbliche destinate alle cultura hanno registrato un calo soprattutto da Enti locali e Regioni: meno 1 miliardo di euro in venti anni. Dopo un decennio di crescita, in molti ambiti è diminuita la partecipazione culturale dei cittadini soprattutto per cinema, teatro, lettura. Se nel 2000, infatti, complessivamente la spesa pubblica, statale e locale, per la cultura era pari a 6,7 miliardi di euro, nel 2018 (anno di confronto per disponibilità di dati) era scesa a 5,7 miliardi, un miliardo in meno; perso principalmente per il calo delle risorse di Comuni (-750 milioni, -27%), Regioni (-300 milioni, -23%), e Province (-220 milioni, -82%).
Dopo una diminuzione nel primo decennio, risale invece lo stanziamento del Mibact, grazie soprattutto ad un +48% dal 2010 al 2018. Una bassa spesa pubblica, dunque, che ci pone in fondo alle classifiche europee dove la media Ue dell’incidenza della spesa in cultura sulla spesa pubblica totale è del 2,5%, mentre noi siamo fermi all’1,6%.
Il cinema fino al 2010 era in crescita del 12,1%, nel periodo seguente perde invece il 6,1% di fruitori; il teatro, tra 2010 e 2019, ha visto un calo dell’8,8%, mentre negli anni precedenti era cresciuto del 27,3%. Andamento simile anche per i fruitori di concerti di musica classica e di quella leggera che negli ultimi dieci anni considerati (2010-2019) sono diminuiti rispettivamente del 4,9% e del 4,7%, mentre crescevano del 22,5% e del 19,6% nel decennio precedente.
In controtendenza risulta invece la fruizione del patrimonio culturale, ovvero musei e siti archeologici. I cittadini che visitano i musei crescono, infatti, del 21,5% in venti anni e del 7% dal 2010, così come quelli che frequentano siti archeologici e monumenti segnano un +36,8% tra 2001-e 2019, +19,7% negli ultimi dieci anni. Un trend che può essere spiegato con l’intensa attività normativa e riformatrice che ha riguardato, in particolare negli anni più recenti, proprio il settore museale e del patrimonio, determinando cambiamenti e innovazioni che hanno dato impulso a questo ambito.
Nuovi modelli produttivi e modalità di offerta e fruizione
Il Rapporto di Federculture, attraverso i contributi dei protagonisti del settore culturale italiano, ha evidenziato come sia necessario ripensare i modelli produttivi, le condizioni di sostenibilità, il rapporto con i pubblici, le modalità di offerta e fruizione di contenuti ed esperienze di visita.
Nei mesi di maggio e giugno 2020 Federculture ha somministrato ai propri associati un questionario sugli impatti della crisi da Covid-19 al quale hanno risposto 54 tra gli enti culturali più rappresentativi del settore nazionale, per lo più attivi nell’ambito espositivo e museale, 44%; e dello spettacolo, 41%, soprattutto del Centro e Nord del Paese e per la maggior parte Fondazioni, 52%.
Dai dati raccolti dalla ricerca si evince che la pandemia e le conseguenti chiusure forzate hanno determinato perdite rilevantissime.
Oltre il 70% degli enti culturali ha stimato perdite di ricavi superiori al 40% del loro bilancio, ma il 13% prospetta perdite che superano il 60%. Pur in uno scenario tanto inedito quanto difficile, molti attori del comparto cultura hanno reagito veicolando la propria offerta tradizionale in forme del tutto nuove, anche lavorando in modalità nuove (in smart working per l’85% degli enti). Infatti, praticamente la totalità degli attori culturali, 80-100% a seconda dei settori, ha implementato i propri servizi a distanza. Inoltre, molte realtà hanno sperimentato anche la possibilità di offrire prodotti culturali nuovi ed innovativi per soddisfare da remoto la domanda di cultura dei cittadini.
Specie nell’ambito museale, la produzione di visite virtuali, di dirette live o di programmi ad hoc, accessibili on demand, è andata ovunque ben oltre il 50% delle complessive proposte culturali fruibili a distanza. Quella nata, in un momento critico, come offerta suppletiva rispetto all’ordinario è stata ben presto percepita come un’offerta alternativa o, meglio ancora, come una declinazione aggiuntiva delle canoniche modalità di fruizione del prodotto culturale.
Ben il 96% degli attori che hanno attivato servizi online relativi alla propria attività dichiarano, infatti, di essere intenzionati a mantenerli nel proprio palinsesto anche dopo il pieno superamento della crisi e l’auspicato ritorno alla normalità. Ma proprio riguardo le aspettative sull’uscita dalla crisi solo il 22% immagina un ritorno alla normalità, mentre il 50% prospetta una riduzione e ridefinizione delle proprie attività, e ben il 73% teme una riduzione di fondi.
Andrea Cancellato, presidente Federculture, ha così commentato: ’’Federculture è stata in prima linea in questi mesi con un’attività costante di monitoraggio delle dinamiche in corso e lavorando per dare risposte alle imprese culturali così gravemente colpite dalla crisi. Abbiamo posto le basi per interventi concreti come il Fondo Cultura che, nei decreti attuativi, auspichiamo sia reso accessibile a tutto il sistema culturale pubblico e a quello privato. Pensiamo che con questo e altri strumenti il Governo debba promuovere un grande nuovo investimento, cui tutti debbano poter concorrere, nel settore culturale, che potrà essere decisivo per rivitalizzare il Paese che uscirà prostrato dalla pandemia. Pensiamo, infatti, che il Mibact debba passare dall’essere il principale ministero economico del Paese – come ci ricorda spesso il Ministro Franceschini – all’essere il ministero più importante di un ‘nuovo’ welfare italiano, cioè il ministero che contribuirà a rendere la cultura l’elemento chiave del nostro vivere in comunità e della coesione del nostro Paese, il fattore più rilevante della nostra formazione e della nostra riconoscibilità”.
Dal canto suo il ministro Franceschini ha invece affermato: “Dobbiamo aiutare le imprese della cultura ad attraversare il deserto”. Il ministrosi è detto certo che “appena l’emergenza della pandemia finirà ci sarà una ripartenza importante del consumo culturale”. Ha inoltre ha evidenziato che, anche grazie alla crisi, “si è capito quanto in Italia sia fondamentale la cultura e questo ha consentito di avere risorse per affrontare l’emergenza”. Ha poi ricordato che “il settore ha avuto misure, come quelle degli ammortizzatori sociali e della cassa integrazione, mai avute prima”.
Infine Franceschini ha sottolineato “la scoperta delle potenzialità enormi dell’offerta culturale online, che in questo momento in cui teatri, cinema, sale da concerto e luoghi della cultura sono chiusi è particolarmente importante, ma va approfondita perché si tratta di una possibilità importante che può restare”.