ROMA – Il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini ha oggi riconsegnato all’Iraq, nelle mani dell’ambasciatrice, Safia Taleb Al-Souhail, un reperto archeologico (9 centimetri di altezza e 3 di larghezza) raffigurante la “Dea Madre” afferente alla civiltà mesopotamica “Halaf”.
Il manufatto, databile tra il 5.900 a.C. e il 5.100 a.C., è stato sequestrato dal nucleo dei carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale (Tpc) di Udine nel corso di un monitoraggio del web.
“La restituzione di questo manufatto – ha affermato Franceschini nel corso della cerimonia di consegna al Mibact – è un’altra prova della intensa collaborazione con l’Iraq e dell’eccellenza del nostro Comando Tpc. Ora vogliamo rafforzare la cooperazione con le autorità irachene con un memorandum d’intesa, che stiamo predisponendo”.
L’ambasciatrice ha espresso la “profonda gratitudine all’Italia, in particolare al Mibact, al Mae e al Comando Tcp”. Il Comandante del nucleo Tpc, Roberto Riccardi, ha sottolineato: “L’Iraq è un paese nel quale operiamo dal 2003 come Carabinieri Tpc e abbiamo contribuito a recuperi anche in loco, ad arresti e alla catalogazione dei reperti sottratti ai vari musei nazionali, fra cui quello di Baghdad, riaperto grazie ai recuperi operati congiuntamente”. Riccardi ha inoltre spiegato: “Il nucleo Tpc di Udine, nel corso del quotidiano monitoraggio del web, ha trovato un reperto in vendita su un sito e si è reso conto che si trattava di un oggetto di valore, storico in particolare. Si è quindi avvalso della collaborazione dell’università locale, a cui ha chiesto di identificare l’oggetto. Quando si è compreso che si trattava di una statua molto antica, con oltre 7.000 anni di storia, abbiamo chiesto all’Iraq di fornire ulteriori informazioni, sufficienti all’autorità giudiziaria per disporre il sequestro e la restituzione al paese di provenienza”.
Nel corso della cerimonia è stato evitato anche un incidente, l’ambasciatrice, infatti, ha preso nelle mani il reperto, ma non perfettamente, ed è stato grazie ai pronti riflessi di Franceschini, che l’oggetto non è finito per terra.