BOLOGNA – Dopo essere stato disallestito e imballato, il 14 settembre è iniziato il viaggio del dipinto Ritratto di Gonfaloniere di Artemisia Gentileschi, dalle Collezioni Comunali d’Arte di Bologna verso la National Gallery di Londra.
“Questo arrivederci al dipinto – ha commentato Roberto Grandi, presidente Istituzione Bologna Musei – ci commuove, ci inorgoglisce ed è una ulteriore dimostrazione del valore internazionale delle nostre collezioni permanenti. Per i nostri musei il rapporto con i grandi musei di tutto il mondo è una costante”.
Fortemente voluto dal direttore Gabriele Finaldi e curato da Letizia Treves (curatrice di pittura italiana, spagnola e francese del XVII secolo alla National Gallery), l’atteso progetto espositivo alla National Gallery di Londra, intitolato semplicemente Artemisia, è stato concepito in seguito all’acquisizione nel 2018 da parte del museo londinese dell’Autoritratto come Santa Caterina d’Alessandria, il primo dipinto dell’artista a entrare in una collezione pubblica del Regno Unito.
La mostra riunisce circa 30 opere attentamente selezionate da istituzioni e collezioni private di tutto il mondo, la maggior parte delle quali mai esposte in Gran Bretagna, e documenti autografi recentemente scoperti e presentati per la prima volta al pubblico, a ripercorrere una straordinaria carriera durata oltre 40 anni, tanto ammirata per l’immenso talento quanto segnata da una vicenda biografica tormentata.
Il dipinto
Ritratto di Gonfaloniere fu eseguito nel 1622, come attesta la firma autografa un tempo leggibile nel retro della tela, prima della sua rifoderatura: ARTEMISIA GENTILESCA FACIEBAT ROMAE 1622. Il dipinto, uno dei pochi della pittrice a risultare datato, costituisce un fondamentale documento della sua attività ritrattistica, elogiata dai contemporanei ma non altrimenti testimoniata da opere certe.
Del gonfaloniere pontificio effigiato a figura intera non si conosce l’identità. Egli sfoggia un’elegante armatura militare splendidamente valorizzata dalla vibrante qualità luminosa del tessuto pittorico. La mano sinistra è posata sull’elsa della spada, infilata nel fodero, mentre la destra si appoggia su un tavolino, ricoperto da un drappo con ricamato uno stemma non identificato. Sopra è appoggiato un elmo con un cimiero di piume. Sulla parete di fondo si proietta l’ombra del cavaliere e accanto è appoggiato il gonfalone papale, che egli doveva avere il compito di portare in parata. Il dipinto riproduce con cura la vivace espressione dell’uomo e la consistenza dei diversi materiali raffigurati, come le stoffe e il metallo, grazie a un sapiente dosaggio delle ombre.
Nel Seicento le armature venivano indossate dai cavalieri solo durante le parate o i tornei. Per questo nel dipinto l’armamento in metallo copre tutto il corpo, ma spuntano dai bracciali i polsini di sottile tessuto e dalla corazza il collo detto ‘a lattuga’. La croce trifogliata forgiata sulla corazza e la fascia in seta, legata sopra, indicano che l’uomo ritratto era membro di un ordine cavalleresco. La lunga spada, uno stocco, e l’elmo piumato, completavano l’armamento, ma avevano soprattutto una funzione simbolica.
L’impostazione del dipinto corrisponde alla collaudata tipologia del ritratto aulico a figura intera introdotta da Tiziano, tesa a commemorare il ruolo sociale e politico della persona raffigurata attraverso gli attributi di rango. A dispetto di questo schema tradizionale, la vivacità e la penetrazione psicologica del ritratto, il taglio audace della luce di chiara impronta caravaggesca, il virtuosismo nella resa dei differenti materiali, fanno di questo dipinto un capolavoro di straordinaria modernità.
Foto Giorgio Bianchi | Comune di Bologna
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