“Affinché tutti lo sappiano” è la personale del reporter guatemalteco Daniel Hernández- Salazar, allestita nel Museo di Roma in Trastevere, fino all’11 settembre 2016.
L’evento, promosso da Roma Capitale-Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, è stato realizzato su iniziativa dell’ambasciata Svizzera in Italia, e ripercorre oltre venticinque anni di attività lavorativa del fotografo.
Le foto esposte sono state realizzate con il sostegno del Dipartimento federale degli affari esteri svizzero – Divisione Sicurezza Umana. La Svizzera, infatti, contribuisce in diversi contesti e Paesi, a iniziative e progetti relativi alla rielaborazione del passato e la prevenzione delle atrocità.
L’allestimento presenta opere dell’antologia So That All Shall Know/Para que todos lo sepan, University of Texas Press, 2007, che sono soprattutto narrazione delle violenze e del terrore vissuti dalla gente del Guatemala durante il golpe degli anni ’80, periodo in cui i militari assunsero un potere pressoché totale.
La mostra è divisa in due sezioni, la prima racconta in termini di reportage gli anni ’80 della guerra civile, il periodo appunto del golpe militare, che vede alla guida del Paese il generale Efraín Ríos Montt, accusato nel 2013 di genocidio, per l’assassinio di 1.400 indigeni Maya dello Ixil, tra l’82 e l’’83.
In quegli anni Hernández- Salazar lavorava come reporter per diverse agenzie internazionali. Le immagini esposte, infatti, sono foto scattate “sul campo” e attraverso queste immagini-documento, si entra nella storia del Guatemala, una storia fatta di scontri tra militari e campesinios, sparizioni improvvise, stupri e omicidi di massa, fino al genocidio degli Ixiles.
Hernández-Salazar fotografa le manifestazioni di protesta contro il fenomeno dei desaparecidos, riprende donne e bambini con le foto dei propri cari scomparsi, foto che risalgono anche a venti anni prima e che raccontano di una violazione dei diritti umani perpetrata per oltre trent’anni ai danni di una popolazione “semplice” eppure fiera.
Dalle parate militari alle manifestazioni di piazza, fino ai cortei funebri con le piccole bare in legno contenenti i resti dei corpi ritrovati nelle innumerevoli fosse comuni, Hernández-Salazar racconta l’oscurità di un Paese, il cui popolo subisce e lotta per mantenere viva la propria identità. Nonostante la durezza della realtà ritratta, molte immagini sono pervase dai colori brillanti e vivaci degli abiti tradizionali guatemaltechi. Questi colori sono il simbolo di un popolo, e qui sembra diventino emblema della contrapposizione alla violenza e alla morte.
La seconda sezione della mostra è relativa alle istallazioni temporanee di Affinché tutti lo sappiano, la figura dell’angelo che urla al mondo la verità, nata con l’opera Esclarecimiento, che, a partire dal ’99, viene posizionata in vari luoghi pubblici del Guatemala e di altri Paesi del mondo, teatri di olocausti. Ogni volta Hernández-Salazar ne documenta il disfacimento, causato dalla natura o dall’uomo.
Esclarecimiento è un polittico composto da quattro elementi, quattro angeli che hanno le fattezze di un ragazzo con le ali che in realtà sono creste iliache. L’opera ha illustrato le copertine dei quattro volumi del rapporto “Guatemala: Nunca más” del ’98 concernente le violazioni dei diritti umani durante la guerra civile, dal 1962 al 1996.
Il polittico rimanda alla raffigurazione delle tre scimmiette con le mani sugli occhi, sulla bocca e sulle orecchie, trasposte nella figura dell’angelo. Alle tre, se ne aggiunge una quarta, quella dell’angelo che parla e che racconta al mondo la verità del Guatemala. Un angelo le cui ali appartengono a uno scheletro, uno dei tanti rinvenuti nelle fosse comuni, simbolo del genocidio dei Maya.
È come se tutto ricominciasse da quello scheletro di grembo, trasformato in ali per portare la verità ovunque, affinché tutti sappiano cosa è successo al Guatemala e al suo popolo indigeno. Per ricominciare da qui, da un luogo di vita divenuto di morte, ma che attraverso la verità può vivere ancora.
La seconda sezione ospita anche alcune opere della serie Eros+Tanathos, una riflessione sulla capacità creatrice e distruttrice della natura e dell’uomo. In queste opere, gli scheletri dei corpi ritrovati si contrappongono alla sensualità di giovani corpi maschili. Ogni opera è pervasa dall’ambiguità del rapporto tra vita e morte, eros e tanathos appunto, la tensione continua che determina il ciclo della vita, portando caos dove c’è ordine, alternando vita e morte in un ciclo continuo.
L’intera mostra è il racconto di questa tensione, della capacità distruttrice dell’uomo e della sua forza rigeneratrice. È la storia di un Paese che si affida alla sua forza entropica, la quale, a sua volta, fa perno sulla verità storica che tutti siamo chiamati a divulgare.
Vademecum
Daniel Hernández-Salazar
“Affinché tutti lo sappiano”
Dal 22-06-2016 al 11-09-2016
Museo di Roma in Trastevere
Piazza di S. Egidio, 1 –Roma
Orari: mar-dom 10.00-20.00
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