MILANO – Apre il 23 luglio, al Museo del Novecento di Milano, la mostra “Mario Sironi. Sintesi e grandiosità”, a cura di Elena Pontiggia e Anna Maria Montaldo, direttrice del Museo del Novecento, in collaborazione con Andrea Sironi-Strausswald (Associazione Mario Sironi, Milano) e Romana Sironi (Archivio Mario Sironi di Romana Sironi, Roma).
La grande retrospettiva, con circa 110 opere, ricostruisce l’intero percorso artistico di Mario Sironi (Sassari, 12 marzo 1885 – Milano, 13 agosto 1961), dalla giovanile stagione simbolista all’adesione al futurismo; dalla sua originale interpretazione della metafisica nel 1919 al momento classico del Novecento Italiano; dalla crisi espressionista del 1929-30 alla pittura monumentale degli anni Trenta; fino al secondo dopoguerra e all’ Apocalisse dipinta poco prima della morte.
“Il senso di una grande mostra dedicata a Sironi al Museo del Novecento – spiega Anna Maria Montaldo – sta anche nell’identificazione del suo segno nella rappresentazione del paesaggio urbano di Milano: nella resa livida e di struggente bellezza delle sue periferie, nella tragica sintesi delle figure umane del periodo fascista, nella relazione con l’arte pubblica che ha segnato il capoluogo lombardo negli anni trenta del secolo scorso”.
La rassegna, che si estende anche nelle sale sironiane del Museo del Novecento e a Casa Museo Boschi Di Stefano, si avvale di prestiti dai maggiori musei italiani tra cui la Pinacoteca di Brera, Ca’ Pesaro e la Fondazione Guggenheim di Venezia, il MART di Trento e Rovereto e da collezioni private.
Tra i capolavori del ciclo dei paesaggi urbani, il tema più famoso di Sironi, troviamo Sintesi di paesaggio urbano, 1921; La cattedrale, 1921; Paesaggio urbano col tram 1925-28, del Museo del Novecento, esposto alla Biennale di Venezia del 1928; la Periferia del 1943.
Tra le opere che testimoniano invece l’interesse verso la figura umana, di cui fu grande interprete, figurano il pierfrancescano Nudo del 1923, prediletto da Margherita Sarfatti; la misteriosa Donna con vaso del 1924; il Pescatore, 1925; La fata della montagna, 1928; la Niobide del 1931, e il doloroso Lazzaro, 1946.
Ampio spazio è poi dedicato al suo legame con la pittura murale negli anni Trenta, di cui fu teorico e interprete. Presenti, capolavori monumentali quali la luminosa Vittoria alata, il gigantesco studio per l’aula magna della Sapienza di Roma, il visionario Condottiero a cavallo (tutti realizzati nel 1935) e il potente studio preparatorio, lungo quasi sei metri, della Giustizia Corporativa (1937-38).
Il “viaggio” nell’arte di Sironi termina nelle ultime sale che documentano i drammatici anni finali dell’artista, tormentato anche dalla perdita della figlia Rossana, che si toglie la vita nel 1948 a diciotto anni.
Ad accompagnare l’esposizione, aperta fino al 22 marzo 2022, un prezioso catalogo realizzato della Casa Editrice Ilisso, con un saggio introduttivo di Anna Maria Montaldo, le schede analitiche di tutte le opere di Elena Pontiggia, studiosa dell’artista e autrice della sua prima biografia (Sironi. La grandezza dell’arte, le tragedie della storia, 2015), gli approfondimenti di Fabio Benzi sul futurismo sironiano, e di Maria Fratelli, direttrice della Casa Museo Boschi Di Stefano, che esplora con lettere inedite il rapporto di Sironi con i collezionisti Antonio e Marieda Boschi.