ROMA – Dopo quasi tre ore di coinvolgente esposizione della biografia e delle opere di Raffaello Sanzio – che conferiscono a Vittorio Sgarbi il titolo di vero mattatore, raccontate con l’aiuto di alcuni passi del Vasari, reinterpretati dal critico d’arte con linguaggio personale, familiare e schietto, sì da rendere apertamente umano il grande artista – Vittorio Sgarbi arriva all’ultimo segmento della vita del pittore, illustrandoci i significati reconditi di un suo dipinto dai nitidi, inconfondibili tratti: “L’estasi di Santa Cecilia”. Sgarbi narra che vedendo il quadro Francesco Francia, stimato collega di Raffaello, abbia ricevuto una tale percezione della propria inferiorità da beccarsi un infarto che, senza le cure odierne, l’ha portato alla morte. La perfezione di Raffaello, aveva già avvisato il critico, l’ha reso “antipatico” anche a lui. Sgarbi dipinge Raffaello ligio al lavoro, relegato a una produttività quotidiana a differenza del “pigro Leonardo”, mai interessato al sesso fino ai trentatré anni (per l’epoca una veneranda età) per poi invaghirsi follemente di quella che conosciamo come “Fornarina” e morire di sifilide all’età di trentasette.
La lectio magistralis di Vittorio Sgarbi ha superato le tre ore e il pubblico, tutto intero fino all’ultimo minuto, ha applaudito. E’ una vita non agiografica quella raccontata dal critico, per questo più comprensibile e vicina a ciascuno. E giacché si conosce davvero solo ciò che si comprende, Raffaello d’un tratto è rivelato nella sua grandezza: i suoi quadri spiccano se paragonati alle fatiche di altri; se seguiamo il travaglio della loro gestazione, se scopriamo la scuola che li ha influenzati, se tocchiamo visivamente negli artisti dei secoli successivi l’eredità raffaelliana. Dopo uno spettacolo come quello ideato da Sgarbi – che mescola con maestria alle immagini le musiche composte ed eseguite dal vivo da Valentino Corvino attraverso violino, viola, oud, elettronica, glasses; le scenografie-video di Elide Blind, Niccolò Faietti, Domenico Giovannini, Mikkel Garro Martinsen, Simone Tacconelli, Simone Vacca – sarà sicuramente più facile ai profani riconoscere lo stile di Raffaello, il nitore di seta delle sue pennellate da cui parlano emozioni senza tempo che, nella nostra distratta quotidianità, su volti reali non riusciamo a concettualizzare. Sgarbi ha affermato, durante la sua performance, che veramente grande è colui del quale pronunciamo solo il nome (del resto hanno per noi importanza vera le persone cui siamo legati affettivamente, che certo non chiamiamo per cognome) ed è riuscito a trasmettere verso l’arte e l’artista quell’amore che vicendevolmente magnifica.
Vittorio Sgarbi esordì al Festival La Versiliana nell’estate 2015 con lo spettacolo teatrale “Caravaggio”, esperimento rinnovato nei sequel degli altrettanto fortunati “Michelangelo” (Stag.2017/18) e “Leonardo” (Stag.2018/19). Con il quarto protagonista compone un trittico sul Rinascimento giungendo a RAFFAELLO SANZIO (1483/1520), genio di cui nel 2020 ricorrono le celebrazioni dal cinquecentenario della scomparsa, e con cui attraverso questo “Raffaello” è anticipato un tributo. Uno spettacolo da non perdere.
Teatro Olimpico di Roma
CORVINO PRODUZIONI p r e s e n t a
es
RAFFAELLO
Uno spettacolo
con VITTORIO SGARBI
Musiche composte, ed eseguite dal vivo da VALENTINO CORVINO
Violino, viola, oud, elettronica, glasses
Scenografie video
Elide Blind _ Niccolò Faietti _ Domenico Giovannini
Mikkel Garro Martinsen _ Simone Tacconelli _ Simone Vacca
Service tecnico Promo Led
Messa in scena ed allestimento