TORINO – Il Museo Diffuso della Resistenza di Torino ha un nuovo presidente. Si tratta di Roberto Mastroianni, filosofo, curatore e critico d’arte, ricercatore indipendente di semiotica, estetica filosofica e filosofia del linguaggio presso l’Università degli Studi di Torino.
Laureato in Filosofia Teoretica, sotto la supervisione di Gianni Vattimo e Roberto Salizzoni, ha svolto un dottorato di Ricerca con Ugo Volli. Attualmente si occupa di ricerca presso due centri dell’Ateneo torinese, il C.I.R.Ce – Centro Interdipartimentale Ricerche sulla Comunicazione e la Cattedra Unesco in Sostenibilità ambientale e Territory Mangement. Mastroianni ha inoltre curato diversi libri di teoria della politica, ha scritto di filosofia e arte contemporanea, si è occupato della curatela di numerose esposizioni museali e tenuto seminari in Università italiane e straniere. Dunque attività di ricerca e curatela sono andate sempre di pari passo nel corso della sua carriera.
Al Museo della Resistenza, nel Direttivo, Mastroianni sarà affiancato da Riccardo Marchis dell’Istoreto, che è stato confermato Vice Presidente, e da Adriano Andruetto.
Il Museo Diffuso della Resistenza, aperto al pubblico il 30 maggio 2003 su iniziativa della Città di Torino, si dedica alla comunicazione della storia e della memoria dei valori della Resistenza, avvalendosi di linguaggi espositivi originali e innovativi. E’ diviso in due parti: una sezione permanente e una temporanea. Attualmente la posizione del Direttore è vacante e, in attesa della selezione, è il Direttivo a gestirne le funzioni anche in relazione ai dipendenti.
Come svelato da Mastroianni in una recente intervista, rilasciata al periodico “L’Incontro”, il suo obiettivo primario, partendo dal concetto che il Museo è “un luogo in cui tutte le persone devono poter essere portate a riconoscersi come membri della comunità”, sarà di raccontarne i valori “con un linguaggio più contemporaneo possibile in modo che possano essere capiti, compresi e accolti, proprio in quanto temi esistenziali, umani e universali dal più ampio numero di persone”. Insomma – sostiene il neo presidente – “se le prediche dei preti lasciano le chiese vuote è perché non sono buone prediche”. Ma questo non è il caso in questione.