L’AQUILA – Una morte tragica quella del noto pittore romano, Luciano Ventrone, deceduto la scorsa notte nella sua casa-studio di Collelongo, in provincia dell’Aquila. L’artista, sofferente da tempo di problemi respiratori, era in trattamento con l’ossigenoterapia domiciliare. Nella notte si era svegliato per accendersi una sigaretta, ma accidentalmente con l’accendino ha fatto esplodere la bombola dell’ossigeno.
Classe 1942, Ventrone frequenta il liceo artistico della Capitale. Dopo il diploma, conseguito nel 1964, si iscrive alla Facoltà di Architettura che frequenterà sino al 1968, anno in cui decide di abbandonare gli studi per dedicarsi interamente alla pittura.
Nel corso della sua carriera, in quasi sessant’anni di attività, Ventrone passa dalle sperimentazioni geometriche alla pittura informale e all’arte programmata, fino ad approdare a una cifra stilistica del tutto personale, orientata allo studio della Natura, interpretata attraverso una sorta di “realismo-astrattismo”, per il quale è diventato famoso in tutto il mondo. Come era solito ripetere: “Lo studio della pittura non è la mera rappresentazione dell’oggetto ma è colore e luce: i giusti rapporti fra le due cose danno la forma nello spazio. Il soggetto non va visto come tale, ma astrattamente”.
La sua ricerca ha destato nei decenni l’attenzione di critici e storici dell’arte, da Zeri a Giorgio Soavi, Roberto Tassi, Achille Bonito Oliva, Vittorio Sgarbi, Marco Di Capua, Antonello Trombadori, Edward Lucie-Smith, Angelo Crespi, Beatrice Buscaroli, Evgenia Petrova, a Victoria Noel-Johnson.
Federico Zeri commentando le nature morte di Ventrone, aveva affermato: “Descritti con lucidità persino esasperata, i suoi vegetali sono definiti da una luce sapientemente violenta, che non è di un sole di agosto, ma piuttosto quella dei teatri di posa dove viene realizzata l’immagine cinematografica. Le sue nature morte ci vengono proposte come attimi immobili di una vicenda che sta tra un antecedente e un futuro, come istanti, sospesi e incandescenti, di una realtà oggettiva definita, sino a esserne divorata, da una luce implacabile, quasi siderica, contro fondi scuri di evocazione astrale o lunare da satellite o pianeta. La pittura di Luciano Ventrone è una continua scoperta ottica, un’incessante recupero della realtà oggettiva, che riemerge dopo l’alluvione di forme astratte, cerebrali ligogrifi, di ‘grumi materici’ e di scritture gestuali”.
Ventrone ha esposto nei più importanti musei e gallerie internazionali, da Roma a Londra, da Montréal a Singapore, da New York a Mosca, da Tokyo a San Pietroburgo. Da pochi giorni si è conclusa la sua ultima personale “Luciano Ventrone. La grande illusione”, al Mart-Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto.
Finita l’emergenza sanitaria sarebbe stata inaugurata la sua mostra “Luciano Ventrone. Il pittore dell’iperbole”, a cura di Vittorio Sgarbi, presso le sale del Castellare di Palazzo Ducale a Urbino.