ROMA – Come un demiurgo che vivifica la materia informe, Aldo Pagliaro (Buenos Aires 1941) plasma la ceramica, scelta come mezzo espressivo privilegiato, generando insolite opere d’arte, caratterizzate da un elegante virtuosismo tecnico e da una componente concettuale incredibilmente eloquente.
Nelle mani di questo originale artista, da oltre quarant’anni residente nella terra della ceramica, ad Albissola sulle colline della costa ligure, la natura grezza della materia si trasforma in energia, in forma vibrante, ancor più vivificata dall’uso sapiente del colore.
In una dialettica di opposti, tra dimensione materiale e speculazione esistenziale antropologico/filosofica, si realizzano i suoi lavori: invenzioni “astronomiche”, spazi siderali che disvelano un animo eccentrico e audace al tempo stesso.
L’arrivo ad Albissola e la ceramica come materiale privilegiato
Raggiunto telefonicamente, l’artista ci chiarisce la sua visione (rigorosamente in spagnolo castigliano, a ricordare sempre e comunque il suo legame con l’Argentina), sottolineando la fascinazione scaturita già in giovane età nei confronti della manipolazione della materia.
Pagliaro rammenta come la passione artistica sia stata una costante nella sua vita (in realtà è stato anche un grande sportivo, nonché musicista), un dono innato. “All’età di 13/14 anni dipingevo, facevo decorazioni, mentre intorno ai 20 anni ho iniziato a lavorare come grafico e ritoccatore del colore per alcuni settimanali”.
La svolta però per Pagliaro avviene con l’arrivo in Italia nel 1975, in terra ligure, dove può concretizzare il desiderio di “creare” attraverso la materia, in questo caso la ceramica. “Questa attrazione per la manipolazione della materia, era già molto sentita quando vivevo ancora in Argentina e vedevo mio fratello lavorare la terra. L’utilizzo poi della ceramica come mezzo espressivo è stata una scelta quasi naturale, istintiva direi. Creare con la ceramica è per me un gesto immediato, nel momento in cui ho un’idea le mani hanno già iniziato a realizzarla”.
Uno stile unico, un tocco personalissimo al di là di ogni influenza
Arnaldo Pomodoro e Lucio Fontana sono stati sicuramente gli artisti a cui Pagliaro ha guardato con più interesse. Gli squarci sulla superficie di Fontana, l’attrazione per le sfere di Pomodoro, sono richiami evidenti, ma di certo non assoluti.
“La questione dei tagli – racconta Pagliaro – per gli artisti Argentini deve essere qualcosa di naturale, almeno così diceva scherzando Philippe Daverio, riferendosi appunto al taglio della carne nella tradizione argentina”.
Tuttavia, appare evidente che l’arte di Pagliaro non si sottomette ad altri linguaggi, tradizioni, influenze, ma confida solidamente nei propri mezzi espressivi, nelle proprie riflessioni e contemplazioni, individuali e indipendenti. L’arte di Pagliaro, infatti, si nutre abbondantemente di un pensiero speculativo, addentrandosi in spazi puramente mentali. “Sono stato sempre interessato all’antropologia, alla filosofia. Mi incuriosisce la storia dell’uomo, il principio dell’umanità, da dove veniamo e dove finiremo, l’origine dell’universo, il caos. Sono, inoltre, particolarmente preoccupato per ciò che l’uomo sta facendo al nostro pianeta, contribuendo alla sua distruzione. Ma purtroppo queste sono le contraddizioni del progresso”. “ Il richiamo al caos – spiega ancora – è fondamentale perché da lì che tutto si è generato”.
Eppure, in questo caos materializzato, le sue sfere rimangono comunque intatte, inalterate pur nella precarietà di un universo in fermento: quasi elementi incongrui colti, appunto, al confine tra l’oggi e il domani, tra natura e mondo delle idee.
Le creazioni di Pagliaro, insomma, tra immanenza e trascendenza, tra particolare e universale, tra passato, presente e futuro, rivelano una profondità che va oltre l’immediatezza espressiva artigianale e la forma. La materia racconta la sua potenzialità. Le opere, lontane dalla rappresentazione nuda e cruda del reale, sono capaci di condensare emozioni e pensieri, in un continuo gioco di rimandi da cogliere e interpretare.
Paul Eluard scriveva: “Esiste un altro mondo ma è in questo”. È un po’ quello che intende realizzare Pagliaro, attraverso la materia, rendendoci partecipi delle sue visioni, di mondi altri trasposti in questo, sovrapponendo più piani, quello del reale, quello personale, quello della storia, quello universale.
I progetti futuri di Pagliaro non sono ancora anticipabili, o almeno non ancora del tutto programmati – ci dice. Insomma, tutto è in divenire. Per i suoi ottantanni, nel 2021, ha realizzato una mostra presentando 14 “Barocchi”, piatti di ceramica da 66 cm, di ispirazione barocca, appunto, ma sempre contaminati dalle sue visioni siderali e cosmiche, confermando questo continuo guardare sia al passato che al futuro. L’attesa è, dunque, che per i suoi 82 anni il maestro possa regalare ancora qualche sorprendente e singolare esposizione.