MILANO – Dal 24 gennaio al 6 febbraio 2025, la Casa degli Artisti di Milano ospita il secondo atto di Fernweh, un progetto artistico multidisciplinare firmato da Friedrich Andreoni e Roberto Casti, a cura di Caterina Angelucci e Andrea Elia Zanini. Dopo il debutto presso lo spazio indipendente KA32 di Berlino, questa nuova tappa presenta un’esplorazione delle tematiche di fuga, paralisi collettiva e nostalgia attraverso installazioni sonore, sculture e performance.
Il concetto di “Fernweh” e il progetto alla Casa degli Artisti
Il termine tedesco Fernweh – composto da fern (lontano) e weh (nostalgia) – descrive un sentimento di mancanza verso luoghi lontani, reali o immaginari. Questa condizione emotiva, amplificata dall’alienazione delle metropoli contemporanee, rappresenta il fulcro concettuale della mostra. Gli artisti si interrogano sulla necessità di un rifugio ideale, esplorando l’equilibrio tra stasi e movimento, tra realtà tangibile e immaginazione.
Il progetto Fernweh trae ispirazione dal romanzo Dubliners di James Joyce, che esplora la paralisi e il desiderio di fuga dei suoi personaggi. Andreoni e Casti riportano queste tematiche nel contesto contemporaneo, riflettendo su come il vuoto e l’alienazione delle città moderne influenzino l’identità e le scelte individuali.


Le opere di Friedrich Andreoni e Roberto Casti
Friedrich Andreoni (Pesaro, 1995) si ispira al celebre uovo dipinto da Piero della Francesca nella Pala di Brera per creare Ending Times (2023), un’installazione sonora multi-canale. Questa opera combina frammenti degli ultimi secondi di colonne sonore cinematografiche, riprodotti in un loop continuo da un altoparlante centrale. L’atmosfera malinconica e senza fine riflette un perpetuo ciclo di partenze e ritorni, invitando i visitatori a perdersi in un non-luogo senza confini. La poetica dell’opera riecheggia nelle parole di Giorgio Caproni: “Il mio viaggiare è stato tutto un restare qua, dove non fui mai“.
Accanto a questa installazione, Andreoni presenta I’m Ready (2022), una ricetrasmittente radio apparentemente abbandonata, che riproduce in loop la frase “I’m ready“, divenuta simbolo di tensione e attesa nella cultura pop americana. L’espressione, carica di aspettative, solleva una domanda universale: “Pronto per cosa?”
La sua ricerca include anche opere scultoree come Untitled (2022, 2024), che reinterpretano antenne automobilistiche e militari trasformandole in oggetti simbolici. Queste sculture catturano il movimento e la tensione, evocando connessioni tecnologiche e simboliche attraverso forme eleganti e aerodinamiche.


Roberto Casti (Iglesias, 1992), invece, esplora i legami tra interno ed esterno, micro e macro, attraverso la serie Aleph (2023 – ongoing). Composizioni sonore ambient, create rallentando registrazioni provenienti da città lontane, vengono riprodotte tramite dispositivi funzionali trasformati in casse di risonanza anomale. Questi strumenti, solitamente relegati ai margini degli spazi domestici o urbani, diventano veicoli di connessioni nascoste e rivelazioni inattese. In occasione della mostra, Casti presenta una nuova versione di Aleph, realizzata in collaborazione con la musicista libanese Maya Aghniadis. La performance/reading, che coinvolgerà il pubblico, invita a riflettere collettivamente sulla propria posizione nel tempo e nello spazio.
Un’altra serie di opere di Casti, ARIA (2024 – ongoing), si sviluppa attraverso la traduzione grafica di suoni ambientali, registrati e poi ricamati su tela o tessuto. I risultati, all’apparenza monocromatici, rivelano una complessità intricata solo a un’osservazione ravvicinata, richiamando la delicatezza del pulviscolo in controluce.
Un opening tra arte e performance
L’apertura della mostra, giovedì 23 gennaio alle ore 18:00, includerà una performance di Roberto Casti dal titolo Aleph (Milano-Berlino-Lisbona-Milano), che coinvolgerà il pubblico in un’esperienza partecipativa e immersiva.