«Il viaggio di un artista è incerto e l’incertezza è la cosa interessante». Anish Kapoor, a Roma per inaugurare al Macro la sua ultima personale racconta così l’Arte e la sua arte, in particolare. «È nel rapporto tra fruitore e opera che si definisce il significato dell’opera stessa. Il significato non è un problema dell’artista. Esso si rivela nell’azione, tra l’oggetto e colui che guarda l’oggetto. L’osservatore diventa parte attiva dell’opera e questo è l’elemento chiave».
La mostra, curata da Mario Codognato, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza capitolina ai Beni Culturali, con il patrocinio dell’Ambasciata Britannica di Roma e con lo sponsor BNL Gruppo BNP Paribas, è un appuntamento straordinario per Roma e per il suo museo civico di arte contemporanea. Come spiega la Responsabile Ufficio Mostre della Sovrintendenza Capitolina Federica Pirani, «è una mostra sorprendente con 30 opere di cui 24 inedite, che insiste sul lavoro materico compiuto dall’artista: la materia diventa “concreta”. L’allestimento stesso poi, inteso come un’unica grande installazione permette al visitatore di entrare in contatto con l’opera esposta».
La sensazione di trovarsi all’interno di una sola opera, come fosse un’unica visione in cui ogni parte acquisisce senso dall’altra mantenendo comunque la propria identità, è infatti prioritaria. Kapoor crea un mondo di materia e materiali, dove il silicone, la resina, i pigmenti e la garza danno vita a opere che sembrano di carne, una carne scomposta, fatta a brandelli, eppure ancora viva. Forse è proprio questo l’elemento che colpisce, l’intensa vivacità di una materia che rimanda al nostro corpo, alla forza della nostra essenza fisica e allo stesso tempo alla sua stessa caducità.
Il bianco della pittura sembra prendere la consistenza del nostro grasso, ribadito dalla matericità della cera. Il rosso, che spesso è talmente denso da somigliare al nero, è il sangue che scorre nei nostri corpi umani, corpi che qui non esistono, anzi, ne esiste solo l’interno, con tutto il suo peso, il suo volume. Colore, peso e volume portano il fruitore a contatto con queste realtà che pare provengano dal suo stesso fisico.
Kapoor riesce, così, a mettere in relazione opera e osservatore, facendo scattare quel rapporto in cui risiede il significato.
L’analisi tra interno ed esterno, che l’artista affronta nel suo lavoro, è il filo conduttore che unisce tutte le opere presenti. In tale contesto, infatti, un’opera come la grande struttura in PVC e acciaio di Sectional Body preparingfor Monadic Singularity si integra perfettamente nel dialogo con i lavori di garza, cera e silicone come Muscolar Muscolare o Dissection Dissezione. Strutture e materiali diversi, contribuiscono ad accrescere il dinamismo dell’intera esposizione, che induce il fruitore a sentire e vivere l’opera, costruendone il significato nel momento della percezione.
Non ha paura di sbagliare, Kapoor. Lo ammette e, anzi, ne difende la possibilità. «Il fallimento fa parte della fragilità, dell’improbabilità dell’artista. Non deve essere evitato per forza». Anzi, rappresenta «l’avventura dell’essere artista”. Testare le opere con il pubblico, anche se a volte può non funzionare, risulta dunque a questo punto una necessità.
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(foto Delia Pizzuti)
Vademecum
ANISH KAPOOR
Dal 17 dicembre 2016 al 17 aprile 2017
MACRO Museo d’Arte Contemporanea Roma
Via Nizza 138
Orari: da martedì a domenica ore 10:30-19:30
24 e 31 dicembre ore 10:30-14.00. La biglietteria chiede un’ora prima