PRATO – L’attesa è finalmente terminata. Il 16 ottobre, riapre infatti il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci. Il Grand Opening avviene dopo il completamento dell’avveniristico ampliamento a forma di navicella spaziale dell’architetto Maurice Nio e la riqualificazione dell’edificio originario di Italo Gamberini.
Fondata nel 1988, l’Istituzione, è una tra le poche in Europa, a inaugurare un nuovo edificio nel decennio 2010-2020, e si appresta a diventare un punto di riferimento internazionale per la sperimentazione dei molteplici linguaggi artistici contemporanei.
Oggi a quasi trent’anni di attività, il Centro Pecci raddoppia in tutti sensi, amplia infatti la propria sede, ma anche il programma culturale. Due iniziative profondamente legate fra loro perché nate da un comune obiettivo: dotare il Centro di una nuova energia culturale, capace di esprimersi sia attraverso i contenuti espositivi sia attraverso gli spazi costruiti. Un’energia chiamata a penetrare e a coinvolgere anche il territorio. Il progetto di Nio mira infatti a favorire la permeabilità fra il Centro e la città, fra l’arte e il territorio regionale. Non a caso il punto più alto del complesso espositivo è raggiunto da un elemento simile a un’antenna capace, da un lato, di rappresentare la volontà di captare le nuove forme di creatività vive nel territorio, dall’altro di denunciare la presenza importante di un luogo deputato alla loro promozione, di immediata visibilità sia per chi proviene dall’autostrada sia per chi arriva a piedi dalla città.
In occasione della riapertura, una serie di eventi e mostre collaterali saranno presenti nella città di Prato e sul territorio, coinvolgendo Firenze, Pisa, Vinci. La fine del mondo – Prologo porterà opere della Collezione Pecci in prestigiose istituzioni culturali toscane, mentre Contemporary Tuscany traccerà, per la prima volta, un percorso di arte urbana nell’area pratese. E ancora: La Torre di Babele, iniziativa dei galleristi toscani in uno spettacolare edificio di archeologia industriale; TU35 / 2016 dedicata ai giovani artisti toscani emergenti; Icastic for Pecci nella Camera di Commercio della città e, al Fabbricone, i progetti del recente concorso per il Parco Centrale di Prato, che ha visto la partecipazione dei migliori architetti e paesaggisti internazionali.
Ha spiegato Fabio Cavallucci, direttore del Centro: “Aprire un luogo espositivo è un’impresa già di per sé complessa, ma qui a Prato abbiamo voluto strafare. Abbiamo voluto inaugurare il nuovo edificio con una grande mostra internazionale, affrontando un tema – la fine del mondo – che appare di per sé una sfida, puntando nel contempo a far incontrare le arti visive con la musica, il teatro, la danza, il cinema e le altre arti, e provando a rinnovare in qualche grado il sistema espositivo tradizionale, ossia reinventando il concetto di mostra. Troppe sfide in una? Forse. Ma siamo convinti che un museo che apre, o meglio, come questo, che riapre dopo consistenti lavori di ampliamento, dovrebbe rappresentare fin dall’inizio le intenzioni della sua ricerca”.
La mostra La fine del mondo è stata curata dallo stesso direttore con la collaborazione, oltre che del team interno, di un nutrito gruppo di advisor internazionali. L’esposizione nasce dalla considerazione che ciò che abbiamo conosciuto finora è obsoleto. A sottolinearlo è appunto Cavallucci, che spiega ancora: “La mostra non vuol essere dunque la rappresentazione di un futuro catastrofico imminente, ma insieme presa di coscienza della condizione di incertezza in cui versa il nostro mondo e riflessione sugli scenari che ci circondano. I mezzi, anche concettuali, d’interpretazione della realtà che noi abbiamo conosciuto non sono più in grado di comprendere il tempo presente. Di qui, da questo cambiamento strutturale, nasce un senso diffuso di fine.
Attraverso le opere di oltre 50 artiste e artisti internazionali e con un allestimento che si estenderà sull’intera superficie espositiva del museo di oltre 3000 metri quadrati, la mostra si configura come una specie di esercizio della distanza, che spinge a vedere il nostro presente da lontano. Lungo il percorso espositivo tutte le espressioni e i linguaggi artistici saranno interconnessi: la musica, il teatro, il cinema, l’architettura e la danza non rappresenteranno solo eventi collaterali, ma si snoderanno come momenti integranti della mostra, contribuendo a costruire una narrazione immersiva e coinvolgente. Così, oltre agli artisti, saranno molteplici le personalità di altro genere, eclettiche e visionarie, che arricchiranno il racconto con il loro contributo: dalla celebre cantante Bjork all’architetto Didier Fiuza Faustino. Una fitta serie di conferenze e di dibattiti svilupperanno i vari temi della mostra, anche di carattere scientifico, filosofico, letterario: dalle teorie recentissime della fisica alla preistoria, dalla fantascienza all’ecologia e alla sostenibilità.
Il nuovo Centro, oltre a spazi espositivi più che raddoppiati, ha a disposizione anche l’archivio e la biblioteca specializzata, che conta un patrimonio di oltre 50.000 volumi, il teatro all’aperto, un cinema/auditorium, uno spazio performativo all’interno delle gallerie, un bookshop, un ristorante, un bar/bistrot.
L’edificio
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Alcune opere della mostra La fine del mondo
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