La mostra Natura Morta, ospitata dalla Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano mette in scena uno dei confronti più crudi e disillusi tra arte antica e contemporanea
MILANO – Dall’8 maggio al 4 novembre 2025, la Veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano ospita Natura Morta, un intervento scultoreo di Jago, a cura di Maria Teresa Benedetti, che si confronta con uno dei più emblematici dipinti della storia dell’arte occidentale: la Canestra di frutta di Caravaggio.
Non si tratta, come spesso accade nelle operazioni contemporanee, di un semplice omaggio o di un dialogo con il passato. Piuttosto, Jago costruisce una frattura, una cesura formale e simbolica che mette a confronto due epoche con visioni radicalmente divergenti della caducità: da un lato la dolce marcescenza del naturale, dall’altro la perversione seriale della tecnica.

Una canestra di armi per il tempo della produzione seriale
L’opera, scolpita in marmo bianco, replica la composizione caravaggesca ma sostituisce ai frutti del Seicento una moltitudine di armi: pistole, fucili, mitragliatrici, oggetti concepiti non per nutrire, ma per distruggere. È una vanitas contemporanea dove la morte non è più evocata dal passaggio del tempo, ma è ormai prodotto di consumo, replicabile, pronto all’uso.
“Con quest’opera ho voluto indagare la violenza silenziosa che permea la nostra società”, spiega Jago. “Quella che non si manifesta solo nei conflitti armati, ma anche nel modo in cui trattiamo l’altro, nel rifiuto, nella sopraffazione quotidiana. Un cesto colmo di armi ci dice che il frutto del nostro tempo non è più la vita, ma la distruzione”.
Questa scultura non cerca l’armonia con l’opera caravaggesca, ma ne forza il codice per denunciarne l’obsolescenza: la bellezza che appassisce non basta più a parlare del nostro tempo, che ha sostituito la metafora organica con la brutalità dell’oggetto industriale.


©Veneranda Biblioteca Ambrosiana / Mondadori Portfolio – Jago Natura Morta, 2025 Marmo statuario, 127x61x39 cm Photo by Jago
© JAGO, by SIAE 2025 – dettaglio
Il marmo come tradizione che si spezza
Il marmo, materiale per eccellenza della statuaria classica, diventa parte integrante della riflessione: eternità della forma contro transitorietà del contenuto. Con un gesto che evoca i canoni della scultura classica, Jago restituisce peso alla denuncia, radicandola in una fisicità che non concede allegorie. Ogni arma è scolpita con un rigore quasi devozionale, come se fosse un’icona del nostro presente disilluso.
“La natura non idealizzata, eppure innocente, di Caravaggio”, afferma Mons. Alberto Rocca, direttore della Pinacoteca Ambrosiana, “è spunto per creare un canestro non più colmo dei frutti della terra, bensì di sofisticati e artificiosi strumenti di morte. La Veneranda Biblioteca Ambrosiana è ben lieta di presentare questa denuncia coraggiosa con una scultura che segna un ulteriore incontro fra passato e presente e che rinnova il linguaggio dell’arte, stimolando una critica intensa e attuale”.
Non una sintesi, ma una ferita esibita
La mostra si configura come una riflessione estrema sulla fragilità, che non si limita a evocare la precarietà dell’esistenza, ma mette in scena il collasso stesso dell’umanità, laddove il frutto del nostro tempo è ormai la tecnologia dell’annientamento. Non c’è più lentezza nella decomposizione: c’è efficienza nella distruzione.
E in questo senso, Natura Morta è un dispositivo critico che riattiva il museo come luogo di interrogazione. All’interno della Biblioteca Ambrosiana, che custodisce tesori di memoria e arte sacra, l’opera di Jago si impone come una presenza disturbante, una forma che non si integra, che sottrae comfort all’esperienza estetica, restituendo alla scultura il suo potenziale critico. Se per Caravaggio, infatti, la frutta guasta è ancora parte di un ciclo naturale, per Jago il ciclo è spezzato: ciò che si produce non si decompone, ma si perpetua nella sua funzione distruttiva.
Jago, tra classicismo e brutalismo contemporaneo
Con questo intervento, Jago conferma la sua vocazione a mettere la scultura al servizio di una riflessione radicale sull’umano. Dopo aver installato opere in piazze, deserti, ponti e navi, lo scultore approda nel cuore della tradizione artistica milanese con un’opera che non cerca di riconciliarsi col passato, ma “lo prende in ostaggio” per parlare del presente.
La morte, un tempo silenziosa e nascosta dietro la bellezza naturale, oggi si mostra in tutta la sua crudezza come segno tangibile. L’arte, in questo caso, non la sublima. L’opera di Jago la inchioda a una forma implacabile, non è più rappresentazione allegorica, ma materiale vivo, carne della nostra epoca fissata per sempre nel bianco del marmo.
Vademecum
Pinacoteca Ambrosiana,
Piazza Pio XI 2, Milano
Sala 1
Dall’8 maggio al 4 novembre 2025
Orari e biglietti mostra:
Da lunedì a domenica dalle 10.00 alle 18.00 (la biglietteria chiude alle ore 17.30) – Mercoledì chiuso
Biglietti: https://ambrosiana.midaticket.com