MILANO – Angelo Eugenio Dorfles, detto Gillo si è spento nella sua casa a Milano all’età di 107 anni, dopo che le sue condizioni fisiche erano peggiorante in questi ultimi giorni. Dorfles è stata una figura centrale e trasversale per l’arte, vissuta a 360 gradi da critico, da professore di estetica e da pittore di talento. “L’arte è l’unica passione a cui sono rimasto sempre fedele, sin dalle prime folgorazioni dell’astrattismo di Klee e di Kandinsky”, amava ripetere.
Proprio lo scorso anno aveva inaugurato alla Triennale di Milano, il 13 gennaio 2017, una mostra di suoi dipinti, realizzati l’anno precedente, dal titolo “Vitriol, disegni di Gillo Dorfles 2016”, a cura di Aldo Colonetti e Luigi Sansone.
Dunque critico, artista e professore allo stesso tempo, Dorfels era in realtà laureato in medicina con specializzazione in psichiatria, displina questa che probabilmente servì comunque ad indagare le inquietudini dell’arte, la sua vera grande passione che lo ha accompagnato fino alla fine e che ha coltivato sin dagli anni ’30, quando comincia appunto a dedicarsi allo studio della pittura e dell’estetica.
Inizia così negli anni Trenta la sua intensa attività di critico d’arte e di pittore. Nel 1948 fonda, insieme ad Atanasio Soldati, Galliano Mazzon, Gianni Monnet e Bruno Munari, il Movimento per l’arte concreta, contribuendo a precisarne le posizioni attraverso una prolifica produzione di articoli, saggi e manifesti artistici.
Negli anni Cinquanta prende parte a numerose mostre del MAC, sia in Italia e all’estero, ma comincia anche ad intensificare l’attività critica, alla quale si dedica in maniera quasi esclusiva fino agli anni ’80. Solo nel 1986, con la personale presso lo Studio Marconi di Milano, torna a rendere pubblica la propria produzione pittorica.
Come professore di Estetica insegna in numerose università, Milano, Trieste, Cagliari. Il suo contributo allo sviluppo dell’estetica italiana del dopoguerra rimane fondamentale, a partire dal “Discorso tecnico delle arti” (1952), cui hanno fatto seguito tra gli altri “Il divenire delle arti” (1959) e “Nuovi riti, nuovi miti” (1965). Autore di numerose monografie su artisti di varie epoche (Bosch, Dürer, Feininger, Wols, Scialoja) ha inoltre pubblicato due volumi dedicati all’architettura (Barocco nell’architettura moderna, L’architettura moderna) e un famoso saggio sul disegno industriale (Il disegno industriale e la sua estetica, 1963). Impegnato nella difesa dell’arte d’avanguardia è stato anche colui che ha sdoganato il “kitsch”, di cui ha scritto il saggio dal titolo “Il Kitsch” del 1968.
Uscirà postumo, il 5 aprile per Skira, il suo ultimo libro “La mia America”, a cura di Luigi Sansone, un volume, nel quale Dorfles ha riunito alcuni scritti sulla società americana, sulla pittura, l’architettura, il design e l’estetica statunitense.
Nella sua lunghissima carriera ha ricevuto numerosi riconoscimenti: Compasso d’oro dell’associazione per il design industriale (ADI), Medaglia d’oro della Triennale, Premio della critica internazionale di Girona, Franklin J. Matchette Prize for Aesthetics. È stato insignito dell’Ambrogino d’oro dalla città di Milano, del Grifo d’Oro di Genova e del San Giusto d’Oro di Trieste. Poi ancora accademico onorario di Brera e Albertina di Torino, membro dell’Accademia del Disegno di Città del Messico, Fellow della World Academy of Art and Science, dottore honoris causa del Politecnico di Milano e dell’Università Autonoma di Città del Messico. Nell’aprile 2007, l’Università di Palermo gli conferisce la laurea honoris causa in Architettura. Il 13 novembre 2012, riceve dall’Università di Cagliari la laurea honoris causa in Lingue moderne.
“Con la morte di Gillo Dorfles la nostra città perde una figura fondamentale, a cui eravamo tutti molto legati” – ha commentato Giuseppe Sala sulle sue pagine social la scomparsa del critico d’arte e intellettuale. “La sua vita, di cui la longevità è l’elemento forse meno straordinario se confrontato alle sue infinite esperienze, è stata una ricerca continua della bellezza, in ogni sua forma. Ora resta un grande vuoto, che tenteremo di colmare continuando ad amare l’arte nel modo in cui ci ha insegnato” – ha concluso il sindaco.
Giovanna Melandri, presidente della fondazione Maxxi, appresa la morte di Dorfles, ha dichiarato: “Ci eravamo abituati all’idea che fosse immortale e oggi la notizia della sua morte ci rattrista molto, perché di uomini straordinari c’é sempre bisogno. E lui straordinario lo era davvero: critico d’arte, pittore, filosofo ma anche medico, pianista, scultore, poeta e professore. La dimostrazione che la giovinezza sta nella curiosita’ per la vita. Ci mancherà”.
“Gillo Dorfles non è stato soltanto uno degli intellettuali piu’ longevi del Novecento, ma soprattutto quello che forse ha saputo precorrere i fenomeni culturali del secolo scorso con maggiore attenzione e vivacita’. E’ stato un pittore che dalla figura e’ passato ad esplorare i confini labili dell’astrazione, un designer impegnato nello studio dell’estetica industriale, un critico d’arte pungente e sagace, che ha avvertito con anticipo ed analizzato i cambiamenti del nostro gusto. In particolare, ha indagato il fenomeno del kitsch, pur non avendolo mai praticato. Manchera’ il suo sguardo attento, la sua integrita’ intellettuale, la sua visione libera e consapevole. Resteranno i suoi scritti, i suoi dipinti, le sue interviste, a cui il Macro di Roma ha dedicato una bella mostra nel 2016”. Così Luca Bergamo, vicesindaco di Roma.