FIRENZE – La collezione permanente degli Uffizi si arricchisce con l’arrivo di un raro marmo realizzato dallo scultore ottocentesco toscano Giacomo Giovanni Papini.
“Busto di Gentildonna” è il titolo dell’opera firmata e datata “G G Papini 1875”. Si tratta di uno dei pochi esemplari noti della limitata produzione di Papini, artista affermato in ambito nazionale e internazionale al suo tempo, ma dopo la sua morte dimenticato e non più valorizzato dalla storiografia ufficiale.
Di Papini sono scarse le informazioni riguardo la sua biografia. Gli vengono attribuiti natali fiorentini, benché una fonte francese del 1878 lo indichi come originario di Sinalunga; viene ascritto agli scultori appartenuti all’Accademia fiorentina e, sempre secondo la fonte francese, sarebbe stato allievo allievo del senese Giovanni Dupré (Siena, 1817 – Firenze, 1882). Oltre alla sua partecipazione all’Esposizione Universale di Parigi, viene registrata la sua presenza alla Promotrice di Torino (1880) e alle esposizioni di Firenze (1883, 1884).
L’opera
La scultura, acquisita dallo Stato per le Gallerie degli Uffizi, nella quale già figura un’altra opera di questo autore, il gruppo in terracotta intitolato “Il casto Giuseppe”, entra a far parte della collezione permanente della Galleria di arte moderna di Palazzo Pitti. A presentare la Gentildonna al pubblico è stata la coordinatrice della Galleria e curatrice dell’arte dell’Ottocento, Elena Marconi.
L’opera gode di un ottimo stato di conservazione e rivela una pregevole e minuziosa esecuzione in particolare nei dettagli dell’abito. Papini, in questo marmo, si dimostra un acuto osservatore del vero naturale, con esiti notevolissimi, grazie all’influenza dalle ricerche promosse in quegli anni dal brillante e spregiudicato artista fiorentino Adriano Cecioni. Come lui, infatti, Papini risulta interessato all’espressione delle più intime sfumature dell’animo dei suoi personaggi, delle loro più nascoste inquietudini, e nella Gentildonna si spinge fino a suggerire, nell’accenno di sorriso appena visibile sulle sue labbra, un lieve spunto caricaturale, che rievoca la terracotta di Cecioni intitolata Donna che ride, conservata sempre nella Galleria d’Arte moderna di Palazzo Pitti.