GENOVA – La grande mostra Escher” a Palazzo Ducale di Genova, la più grande e completa mostra antologica dedicata al grande genio olandese Maurits Cornelis Escher, uno degli artisti più amati a livello globale, prosegue fino al 20 febbraio 2022.
Suddivisa in 8 sezioni, l’esposizione curata da Mark Veldhuysen – CEO della M.C. Escher Company – e Federico Giudiceandrea – uno dei più importanti esperti di Escher al mondo, presenta oltre 200 opere, tra cui alcuni dei suoi lavori più rappresentativi, come Mano con sfera riflettente (1935), Vincolo d’unione (1956), Metamorfosi II (1939), Giorno e notte (1938) e la serie degli Emblemata.
Si tratta dunque di un vero excursus della sua intera e ampia produzione artistica. All’interno della mostra è inoltre possibile esplorare l’immaginifico universo escheriano tramite inedite sale immersive e strutture impossibili messe a confronto con opere di grandi artisti visionari del calibro di Giovanni Battista Piranesi (1720 – 1778) e di Victor Vasarely (1906 – 1997).
Una mostra dal valore didattico
A curare l’illuminazione della mostra è stato Francesco Murano, docente della Scuola di Design, nonché membro del laboratorio “Luce e colore” del Politecnico di Milano. Murano sottolinea il valore didattico di questa mostra, oltre alle difficoltà nel realizzare un’illuminazione appositamente pensata per poter “leggere” al meglio le opere.
La passione di Murano per l’artista olandese nasce negli anni Ottanta: proprio nel 1983, infatti, realizzò con una consolle Sinclair un programma grafico che riusciva a dividere un piano in poligoni irregolari.
“La mostra dedicata ad Escher – spiega l’architetto – oltre ad essere affascinante, ha un enorme valore didattico perché la sua ricerca investe tanti campi differenti: dalla tecnica alla geografia, dalla zoologia alla mineralogia, dall’arte islamica al simbolismo massonico. Per questo le opere dell’autore vengono viste, lette ed esaminate minuziosamente da una distanza di pochi centimetri”.
Le difficoltà per illuminare le ombre di Escher
La mostra da un punto di vista illuministico ha presentato notevoli difficoltà. Occorreva, infatti, eliminare le ombre proiettate dai visitatori sulle opere ed era inoltre necessario ì illuminarle con un faro tenue, perché essendo quasi tutte su carta si sarebbero potute danneggiare.
“Ho scelto di impiegare sia sagomatori che proiettori, ma con funzioni diverse – precisa Murano – I primi sono speciali apparecchi di illuminazione che riescono a perimetrare la luce sulle opere. Anche se di solito sfumo un po’ il chiarore oltre il perimetro del quadro, pochissima è la luce che invade le pareti che risultano perciò scure determinando nell’ambiente quello che in gergo è conosciuto come “effetto caverna”. Per evitare questo risultato, ho adottato dei proiettori a fascio largo per illuminare testi, citazioni e immagini di supporto: in questo modo si rischiarano anche le sale espositive. L’effetto complessivo è quello di un ambiente di luce soffusa nel quale le opere appaiono evidenziate ed esaltate da luci circoscritte”.