Il Falsario
Alla festa del cinema di Roma c’è un film godibile, in cui l’arte c’entra, anche se non nella maniera più ortodossa, ed è “Il Falsario”, di Stefano Lodovichi, scritto da Sandro Petraglia, protagonista Pietro Castellitto.
Il film è ispirato al veramente esistito Antonio Chichiarelli, detto Toni, artista vissuto a Roma tra gli Anni ’70 e ’80, arrivato dalla provincia nel 1976 e diventato il più grande di tutti i falsari, grazie all’incontro con una gallerista ambiziosa, poi anche sua compagna di vita, che dalla borgata si fece strada nella Roma bene.
Il film fa riflettere sull’importanza del talento e della sua dilapidazione, sul legame tra etica e capacità creative, su quanto cultura ed educazione possano concorrere a fare di un potenzialmente dotato, un artista compiuto, talento purtroppo sprecato nel personaggio de “Il falsario”.
Peteter Huria’s Day
Il film nasce da un atto mancato: un’intervista mai pubblicata al fotografo Peter Hujar, realizzata nel dicembre 1974 dalla scrittrice Linda Rosenkratz per un libro in cui chiedeva ai suoi amici – tutti legati al circuito artistico della New York degli anni Settanta – di raccontare la loro ultima giornata. “Ho come l’impressione di non fare niente tutto il giorno, perciò vi chiedo com’è stata la vostra ultima giornata per capire cosa fate” è l’intenzione programmatica di una delle autrici fondamentali della non-fiction americana.
Il volume non si fece, la registrazione di quella giornata andò perduta, finché una trascrizione è riemersa quasi mezzo secolo dopo negli archivi di Hujar e pubblicata nel libro Peter Hujar’s Day, da cui appunto il film di Ira Sachs.
L’enigma Velasquez
L’enigma Velázquez” è riferito sia al documentario del 2025 di Stéphane Sorlat, sia ai misteri intrinseci nell’opera del pittore spagnolo, in particolare nel suo capolavoro Las Meninas. Il documentario esplora la complessità del pittore, la sua influenza sull’arte moderna e la ragione per cui, nonostante l’ammirazione di molti artisti, è rimasto ai margini della memoria collettiva.
Il film indaga la vita, l’opera e l’eredità del pittore, mettendo in luce come la sua arte, caratterizzata da maestria del fuori campo e della “mise en abyme”, abbia influenzato artisti successivi come Manet e Dalí.
Las Meninas del 1656 è considerato il capolavoro di Velasquez e solleva enigmi a causa del suo gioco di sguardi, prospettive e l’uso dello specchio. Lo specchio riflette il re e la regina, ma non è chiaro se Velázquez li stia dipingendo o se lo specchio mostri semplicemente il dipinto a cui il pittore sta lavorando.
Il documentario cerca di comprendere perché un artista così geniale non sia universalmente conosciuto, come accade a molti altri non sempre giustificatamente.








