ROMA – La prima puntata della serie dedicata a Leonardo da Vinci, andata in onda martedì 23 marzo su Ra1, ha riscosso un grande successo di pubblico. Sono stati infatti sette milioni gli spettatori che hanno seguito la fiction. “Un ascolto – ha detto la direttrice di Rai Fiction, Maria Pia Ammirati – che premia la qualità internazionale” e poi ancora “Leonardo è una sintesi che ci rende orgogliosi perché dimostra la nostra competitività ai più alti livelli della fiction globale, quanto cioè l’Italia possa essere protagonista di un immaginario universale, a cominciare dai grandi artisti come Leonardo da Vinci, orgoglio italiano ma patrimonio universale. Ed è un segno di speranza, in attesa che le frontiere si riaprano e che dal mondo si torni a visitare e ammirare l’arte e le bellezze del nostro Paese”.
Ad essere invece molto critico nei confronti della fiction è Vittorio Sgarbi, che in una intervista al “Quotidiano Nazionale” parla addirittura di “spettacolo indignitoso”. Per il celebre critico d’arte “si parte con uno sbaglio: la serie racconta di un arresto per omicidio di Leonardo, accusato di aver avvelenato Caterina da Cremona. Una cosa mai avvenuta…Forse chi ha scritto la sceneggiatura l’ha confuso con Caravaggio“.
Riguardo questo i due registi erano stati chiari, spiegando che si era scelta una narrazione “fra storia e finzione”, quindi non la realizzazione di un documentario, ma di uno sceneggiato con risvolti anche immaginari.
Sgarbi sostiene che Leonardo non era semplicemente “un artista” ma “un uomo che come ambizione aveva quella di misurarsi con Dio. La figura di Leonardo ha una solennità fin dalla sua giovinezza che deve essere rispettata: è quella che si legge nel Vasari quando mette nell’angolo Verrocchio dipingendo l’angelo a sinistra nel Battesimo di Cristo, a 16 anni, e si rende conto di essere talmente meno bravo da decidere di cambiare mestiere e fare lo scultore“. Nella serie tv invece “viene dipinto come un uomo insicuro, uno sfigato pieno di dubbi e turbamenti, mal rappresentato anche nella scena in cui bacia un altro uomo”.
A tal proposito Sgarbi è ancora più perentorio e afferma che la scena “è fine a se stessa” e che anche in questo caso “il regista non sfugge al bamboleggiamento narrativo, infarcendo il gesto di contenuti non aderenti all’epoca: l’omosessualità nel Quattrocento non era una peculiarità di Leonardo ma un costume abbastanza diffuso, del quale non c’era da fare una bandiera. Rappresentarlo com’ è stato fatto è un modo per trasferire la mentalità odierna in cui il genere ha a che fare con i diritti di una comunità, in un’epoca in cui con c’era un problema di diritti ma di scelte di uomini. L’accusa di sodomia fa parte di una condizione di superomismo che moralmente consentiva a Leonardo di fare ciò che voleva”.
Ma non è tutto. Per il critico d’arte il film “è tutto sbagliato”, dai costumi alle ambientazioni. “Leonardo spesso cammina in spazi che sono architettati 50 anni dopo di lui, non in ambienti quattrocenteschi, tipo la biblioteca Malatestiana di Cesena o la biblioteca di Beato Angelico a San Marco”.
Insomma, per Sgarbi era molto meglio lo sceneggiato televisivo sul genio rinascimentale interpretato nel 1971 da Philippe Leroy e diretto da Renato Castellani. E alla fine rincara la dose: “Non ci vuole molto a superare un film indegno per carenze storiche ed errori grossolani”.