FIRENZE – Lo studioso statunitense Robert Schoen, tra i maggiori specialisti del Rinascimento italiano, che da 30 anni si dedica a ricerche sul Buonarroti, ha riconosciuto in un affresco della Pietà custodita nella chiesa di Santa Maria a Marcialla, un borgo di campagna nel comune di Barberino Val d’Elsa (Firenze), la mano giovanile di Michelangelo.
Schoen ha ipotizzato in base a suoi recenti studi che il dipinto “fu di sicuro realizzato su un disegno di Michelangelo regalato alla chiesa durante un suo soggiorno a Marcialla presso i padri agostiniani e che si può proporre come autore del dipinto Sebastiano Mainardi, che lavorò nella bottega di Domenico Ghirlandaio e che era originario della vicina San Gimignano. Schoen a sostegno di questa ricostruzione ha ricordato la fortissima somiglianza tra l’affresco di Marcialla e un affresco con San Girolamo attribuito a Mainardi che si trova al Bargello di Firenze.
Lo studioso è intervenuto sulla faccenda rispondendo al recente appello del sindaco di Barberino, Giacomo Trentanovi, che aveva chiesto agli studiosi di risolvere il giallo dell’attribuzione della Pietà di Marcialla. In base ad alcune fonti scritte e a tradizioni popolari si è diffusa l’idea che il genio abbia dipinto l’affresco nel dicembre del 1495 di ritorno da Bologna, dopo aver accettato la protezione dell’ordine religioso degli Agostiniani. Secondo Robert Schoen tra il 1490 e il 1495 il giovane Michelangelo decise di ricambiare l’accoglienza dell’ordine religioso, che risiedeva nel luogo dove oggi è situata la chiesa di Santa Maria a Marcialla, offrendo in segno di riconoscenza il disegno e il progetto di una Pietà. La Pietà – ha spiegato lo storico dell’arte americano – scaturisce da un elaborato del giovane Michelangelo che a Marcialla si era fermato e aveva vissuto per un periodo, di ritorno da Bologna e Venezia, dopo aver accettato la protezione dell’ordine religioso degli Agostiniani. “La tradizione popolare legata alla convinzione della comunità di Marcialla di ospitare in casa propria un Michelangelo è assoluta corretta – ha dichiarato Schoen – In questo affresco c’è l’anima di Michelangelo, la purezza di un giovane e talentuoso artista che stava affiorando nel XV secolo, la cui presenza è leggibile in tanti elementi compositivi del dipinto, soprattutto nella ricerca e nell’attenzione alla realizzazione delle parti anatomiche delle figure che costituiscono l’opera. In particolare nella sezione di destra dove è presente uno dei due ladroni che si distingue dal resto della composizione proprio per la resa anatomica”.
“Il prossimo passo – ha dichiarato il sindaco Giacomo Trentanovi – è l’approfondimento tecnico dell’opera che avverrà nelle prossime settimane con l’utilizzo di strumentazioni ad infrarossi. Per quel che concerne la permanenza in campagna di Michelangelo, in una zona decisamente molto decentrata, si pensa sia legata alla cacciata da Firenze del suo mecenate, Lorenzo il Magnifico. E’ possibile infatti che l’artista sia stato invitato ad allontanarsi dalla città per evitare di essere coinvolto nei dissidi politici che si stavano verificando in quel periodo.