Tutto il mondo che noi conosciamo, ha posto e pone le basi della cultura, sulle tradizioni e per riflesso non esiste uomo senza cultura. Ogni popolo che può essere chiamato tale, imprime la propria traccia nel mondo, vincendo l’afflizione, la bellezza, nonché la terrifica idea della mortalità e conserva i segni di questi passaggi, attraverso narrazioni fatte di simboli e rituali che, come strascichi di un’antica memoria sempre più lontana dai giorni nostri, portano il segno escatologico a cui ciascuno tende. Il ricordo che si rinnova attraverso il mantenimento delle proprie credenze e della propria identità culturale nonché sociale, è la spada e lo scudo con cui l’uomo vince il tempo materico: è in questo immaginario personale e al tempo stesso collettivo, in cui Nicola Liberatore immerge il suo io pensante, raggiungendo e spiegando finanche i meandri della memoria più lontana, riportando alla luce luoghi antichi e sacri alla mente del pittore, appartenuti a popoli i cui i riti, fortemente legati ad una forma di religione, avanzavano nel corso degli anni con maestose scenografie. Il maestro pugliese, scopre delicatamente ogni velo fatto di oggetti, di icone e di statue rappresentative, divenute nei secoli, dei veri e propri simboli.
L’arte di Liberatore fornisce all’uomo contemporaneo, una rivisitazione ed una ripresa di questi simboli molto arguta nonché necessaria, per far sì che non venga smarrita l’impronta umana e con essa, il vecchio legame con le nostre radici. Tale compito arduo, che si eterna ed eterna l’artista, è fatto attraverso una serie di opere concepite con grande maestosità, tutte degne di grande interesse tematico e tecnico. I codici che decodificano l’immagine, sono nascosti all’interno di esse, accuratamente e volutamente velate, in modo tale da guidare il lettore ad andare oltre la prima lettura dell’opera, verso il piacere di sollevare quei veli accessori, per arrivare all’essenza fatta di un tempo quasi dimenticato. Molte delle sue opere innescano in chi le osserva, un senso profondo di sacralità quasi percettibile al tatto a cui si aggiunge la preziosità tonale dei colori, come l’oro, il bianco e il blu, scelti accuratamente attraverso uno studio sulla simbologia sacra, visibile anche sugli ornamenti loro applicati: ricami, merletti, stoffe ed altro, sono tutti reperti appartenuti alle culture dell’uomo. Questi elementi, creano così, non solo un’opera dai caratteri tecnici alti, ma una vera e propria reliquia sacra, intrisa di un legame che conduce direttamente al mondo oltre quello terreno. Il rapporto con il divino, la sua intensità, è presente anche nelle raffigurazioni delle facciate delle chiese della sua terra da lui rappresentate, in cui l’architettura anche se solo accennata dalla mano del pittore, ne traduce tutti i canoni stilistici riconoscibili e la include in quella visione di luoghi mistici, immersi in un blu di cieli immensi e carichi di stelle dorate che ricordano ed omaggiano i grandi cieli del maestro Giotto, e che imprimono la loro luce sul dipinto.
Le sue opere inoltre, raccontano in contemporanea le tradizioni fornitegli attraverso il suo vissuto, i ricordi della sua infanzia riaffiorano con grande coinvolgimento nella sua mente, riuscendo in un intento quasi magico, a rivivere ogni momento. Di sublime fascino sono le pergamene, di grandi dimensioni, che proiettano sagome di antica presenza, narranti la leggera traccia di quell’ultima impronta lasciata dal tempo inesorabile che passa e ne cancella i segni: ed è proprio in quel momento che Liberatore attraverso la sua alta sensibilità e la sua maestria tecnica, ruba al tempo ciò che per secoli è appartenuto all’uomo, divenendo così custode di un segreto e con esso erede della sua storia. {igallery id=6121|cid=6|pid=1|type=category|children=0|addlinks=0|tags=|limit=0}