Nel nord del Perù, un paesaggio urbano e cerimoniale che racconta una storia fatta di permanenze, fede e sedimentazioni culturali
Cattedrale, mercato e viali alberati: a Chiclayo tutto convive nello spazio ristretto di una passeggiata. Una città compatta, dove il traffico scorre lento e la dimensione pubblica resta misurata. Nessun punto panoramico, nessuna retorica monumentale. Eppure, in questo spazio discreto del nord peruviano, si intrecciano elementi che raccontano molto più di quanto mostrano: la tenuta delle pratiche religiose, la stratificazione archeologica, una vita urbana che si regge su relazioni stabili e gesti ripetuti.
Leone XIV ha vissuto qui per anni, da vescovo. Non è un dettaglio trascurabile, ma neppure il punto da cui partire. Serve piuttosto a ricordare che Chiclayo non è una nota a margine, ma un contesto in cui storia, fede e forme quotidiane della cultura si sedimentano senza fare rumore.
Architetture civili e strutture del culto
Il cuore istituzionale della città ruota attorno alla Cattedrale di Santa Maria, costruita in stile neoclassico e affacciata sulla Plaza de Armas, centro della vita civica e religiosa. Colonne doriche, pianta simmetrica e una certa severità compositiva definiscono la presenza della chiesa nel tessuto urbano. In questo spazio, per oltre un decennio, Leone XIV ha officiato riti e gestito la vita pastorale della diocesi.
Poco distante, il Paseo de las Musas introduce un registro più apertamente simbolico. Le statue delle nove Muse greche, disposte lungo un viale alberato, fanno da contrappunto alle forme locali di rappresentazione. Il luogo ha un tono dissonante, ma non forzato. È un tentativo, riuscito in parte, di inserire nel paesaggio urbano un richiamo a un immaginario estetico pubblico che esuli dal folclore o dalla mera funzione religiosa.
Luoghi di culto e memoria archeologica
Fuori dal perimetro urbano, le tracce religiose prendono un’altra forma. Il Santuario della Santísima Cruz de Motupe, sul Cerro Chalpón, è uno dei principali centri devozionali della regione. Nato nel XIX secolo in seguito al ritrovamento di una croce ritenuta miracolosa, è tuttora meta di pellegrinaggio. Il percorso che porta al santuario si svolge a piedi, spesso in gruppo, attraversando paesaggi rurali e comunità intermedie. L’aspetto più rilevante non è la monumentalità del luogo, ma la sua continuità d’uso.

Sul piano archeologico, Chiclayo ha assunto un ruolo centrale a partire dalla fine degli anni Ottanta. Nel 1987, nella Huaca Rajada, venne scoperta la tomba del Signore di Sipán, uno dei ritrovamenti più importanti del continente per la quantità e qualità del corredo funerario. La civiltà Moche, a cui apparteneva il reggente, si è rivelata ben più articolata di quanto si pensasse fino ad allora. Ceramiche policrome, ornamenti metallici, tessili e resti umani indicano una società dotata di un sistema cerimoniale complesso.
Il sito di Túcume, poco distante, raccoglie 26 piramidi di adobe che testimoniano il passaggio dalla civiltà Sicán all’epoca incaica. Qui l’impatto visivo è immediato: un’intera vallata occupata da strutture architettoniche in terra cruda, in parte erose, in parte leggibili. Il Bosque de Pomac, che comprende una riserva naturale e diversi resti cerimoniali, completa il quadro.
Nel Museo Sicán, il lavoro di raccolta e restituzione si articola secondo criteri museografici aggiornati, che mettono in evidenza le connessioni culturali tra le varie fasi insediative. Il tracciato si estende fino alla costa, dove i templi cerimoniali di Chotuna-Chornancap mantengono viva una narrazione orale sull’origine del potere regale moche, legato a una figura femminile, probabilmente una sovrana-sacerdotessa.
L’intero sistema forma oggi la cosiddetta Ruta Moche, itinerario riconosciuto a livello nazionale che consente di attraversare luoghi, epoche e culture senza una rigida scansione cronologica.

Mercato, cucina, forme orali
Il tessuto culturale di Chiclayo si articola anche fuori dalle istituzioni museali e religiose. Il Mercado Modelo, principale centro commerciale della città, è un ambiente ricco di ingredienti alimentari, erbe medicinali, oggetti artigianali, amuleti, materiali tessili e prodotti rituali. Uno spazio dove si condensano linguaggi quotidiani, forme economiche informali e saperi non codificati.
La cucina locale riflette questa complessità. Piatti come il seco de cabrito, l’arroz con pato o il chinguirito – preparato con pesce secco e latte di cocco – non sono semplici specialità, ma espressioni di economie agricole, rapporti intergenerazionali e tecniche culinarie che rispondono a contesti concreti.
Le peñas, locali popolari dove si suona e si danza, ospitano invece una forma di socialità fondata sull’oralità e sulla partecipazione. Qui la cultura si trasmette per via diretta, nei canti, nei balli, nelle narrazioni.
La costa: un contesto di forme antiche e pratiche attuali
A breve distanza dalla città, la costa si apre con paesaggi meno antropizzati. Pimentel, con il suo lungo pontile e la spiaggia estesa, è frequentata da residenti e surfisti. Il luogo non ha ancora assunto un’identità turistica consolidata e mantiene una funzione legata alla pesca.
Più a sud, la caleta di Santa Rosa conserva tecniche artigianali che risalgono all’epoca precolombiana. I pescatori utilizzano ancora i caballitos de totora, imbarcazioni realizzate in canne intrecciate, simili a quelle raffigurate nella ceramica Moche. La loro presenza indica una continuità non musealizzata, ancora attiva.
Chiclayo non offre un’immagine coerente né una narrazione univoca. Si tratta piuttosto di un contesto dove forme antiche e pratiche attuali coesistono senza ricomporsi in una sintesi. La recente nomina del nuovo Papa ha restituito visibilità a un territorio dove la cultura resiste nel quotidiano: nei legami, negli spazi e negli usi che non si sono dispersi.