FIRENZE – Il restauro delle Storie di San Francesco di Giotto nella Cappella Bardi di Santa Croce rappresenta un importante capitolo nella storia del restauro e una rara occasione di approfondire la conoscenza del maestro fiorentino.
A spiegarlo Cristina Acidini, presidente dell’Opera di Santa Croce, e Emanuela Daffra, soprintendente dell’Opificio delle Pietre Dure (OPD) a cui è stato affidato il restauro, avviato in risposta alle precarie condizioni del ciclo pittorico, che compromettevano la sua leggibilità.
Un restauro complesso e collaborativo
La prima fase del restauro, iniziata a giugno 2022, ha beneficiato della collaborazione tra l’Opera di Santa Croce e l’Opificio delle Pietre Dure, con il supporto della Fondazione CR Firenze e dell’Associazione per il Restauro del Patrimonio Artistico Italiano (ARPAI). Il progetto, avviato grazie all’impegno del compianto Marco Ciatti, ex Soprintendente dell’Opificio, ha visto anche il contributo di donazioni private attraverso la raccolta fondi #Giving4Giotto.
“Questo lavoro – ha spiegato Emanuela Daffra – è l’ideale proseguimento delle attività avviate dall’Opificio nel 2010. Allora, beneficiando di un grant della Getty Foundation, era stata condotta una campagna diagnostica finalizzata alla conoscenza della tecnica giottesca e dello stato di conservazione sia della Cappella Bardi che dell’attigua Cappella Peruzzi. Dal 2011 al 2013 era stato inoltre restaurato dal Settore Pitture murali e stucchi dell’Opificio l’episodio delle Stigmate di San Francesco, dipinto sull’arco di ingresso della stessa Cappella. La consuetudine privilegiata del nostro istituto con Giotto (dalla Croce di Ognissanti alla Cappella della Maddalena al Bargello) non annulla lo stupore per l’autentico genio dell’artista, la sua capacità di innovare e rinnovarsi, di piegare la tecnica a esigenze espressive rivoluzionarie”.
“Trovarsi al cospetto di Giotto, a diretto contatto con le Storie di San Francesco nella Cappella Bardi – ha affermato Cristina Acidini – costituisce un’opportunità culturale e scientifica irripetibile. Un restauro come questo ha davvero tanto da raccontare: riesce a far riemergere i particolari dell’impegnativo lavoro preparatorio dell’artista, la progettazione scenica coraggiosa, la generosità cromatica, l’intensità dei volti e delle immagini d’insieme. Elementi che il tempo aveva offuscato, a tratti cancellato, e che tornano alla luce anche grazie all’utilizzo di strumentazioni avanzatissime“.
Il lavoro tecnico e le scoperte
L’intervento è stato preceduto da una dettagliata campagna diagnostica che ha incluso documentazione fotografica ad alta risoluzione e indagini strutturali innovative. Sono emerse numerose sorprese, come una decorazione geometrica precedente e dettagli sulle modalità di lavoro di Giotto. Le tecniche usate dall’artista, tra cui l’uso misto di pittura a fresco e a secco, sono state confermate e approfondite grazie alla campagna fotografica in UV e alle analisi delle tracce lasciate durante la fase di lavoro.
Le sfide conservative
La Cappella Bardi ha vissuto una tormentata storia conservativa. Le pitture sono state coperte nel 1730 e danneggiate dall’inserimento di monumenti funerari ottocenteschi. Nel 1851, Gaetano Bianchi riporta alla luce le pitture originali, ma in quell’occasione tutte le mancanze vengono colmate con integrazioni in stile. Il successivo restauro di Leonetto Tintori (1957-1958) rimuove molte delle aggiunte di Bianchi per rivelare un Giotto il più possibile ‘autentico’, limitando al minimo le integrazioni pittoriche.
L’attuale restauro ha affrontato le problematiche con metodologie moderne e materiali selezionati, come adesivi acrilici e impacchi di acqua calda deionizzata. Sono stati rimossi i depositi di polvere e le stuccature non compatibili, e sono state ripristinate le aree di pittura danneggiata. Al momento, a pulitura ultimata, è stata avviata la riflessione sulla conclusione del restauro e sulla presentazione finale del ciclo.
Visite al cantiere
La conclusione del restauro è prevista per l’estate 2025. L’Opera di Santa Croce e l’Opificio delle Pietre Dure hanno già concordato che il ponteggio di lavoro, a intervento ultimato, resti al suo posto almeno per ulteriori due mesi in modo da consentire le visite del pubblico che potrà così apprezzare l’opera di Giotto da vicino.
Da ottobre 2024 fino a luglio 2025 è prevista un’anteprima delle visite guidate nel cantiere di restauro, un regalo della Fondazione CR Firenze ad una parte territorio a cui la sua missione è vincolata. L’iniziativa è su prenotazione obbligatoria, tutte le informazioni sul sito fondazionecrfirenze.it