ROMA – Fino ad oggi studiate ma non considerate centrali nella produzione di Annibale Carracci, le 80 incisioni che raccontano la storia di altrettanti disegni realizzati dall’artista alla fine del ‘500, sono state riconosciute come protagoniste dell’opera del maestro bolognese grazie al volume “Il libro dei Mestieri di Bologna nell’arte dei Carracci” appena pubblicato per la collana “Arte e Cataloghi” di Editoriale Artemide da Giovanna Sapori, professore ordinario di Storia dell’arte moderna nell’Università degli studi Roma Tre, e presentato a Roma, Palazzo Poli, l’11 ottobre 2016.
La storica dell’arte, che sta preparando con Claudia Conforti un volume di prossima pubblicazione su “Il palazzo a Roma nel Cinquecento. Architettura e decorazione”, si è infatti accuratamente dedicata allo studio dell’incisione come medium, mezzo cioè di divulgazione di immagini e concetti che nel ‘500 assunse grandissima importanza proprio per l’enorme capacità di diffusione dell’immagine.
“Già nella prima metà del Seicento erano state stampate alcune serie di incisioni dagli affreschi di Palazzo Farnese, della Galleria e del Camerino, e dalla decorazione della cappella Herrera in San Giacomo degli Spagnoli, cioè i cicli pittorici di Annibale Carracci a Roma. Sono anni importanti per la fortuna del maestro bolognese, per la diffusione della conoscenza della sua pittura da Roma verso l’Europa grazie all’azione di convinti ammiratori, di intendenti che ragionavano anche sulle teorie dell’arte, sul bello ideale – spiega la Sapori. – In questo clima ha origine, grazie all’azione del colto monsignore Giovanni Antonio Massani, anche la pubblicazione nel 1646 di Diverse figure al numero di ottanta, Disegnate di penna/ nell’hore di ricreatione/ da/ annibale carracci/ intagliate in rame/ E cavate dagli originali /da simone guilino paragino, libro più conosciuto come Arti di Bologna, titolo di una riedizione successiva”.
Il libro della Sapori torna allo studio di questo antico volume e analizza approfonditamente, come mai era stato fatto prima, le famose ottanta incisioni. “Ho cercato – spiega la professoressa Sapori – di utilizzare metodi inusuali combinandoli a strumenti diversi, tentando di studiare per la prima volta queste incisioni non soltanto come immagini, ma in un’ottica nuova e complessa”. La tecnica incisoria, le indagini d’archivio sui personaggi coinvolti, il significato storico e artistico del contesto generale e sociale in cui erano ambientate, sono diventati così fondamentali per l’analisi delle incisioni viste come opere d’arte a se stanti, non soltanto immagini, ricordi e traduzioni di disegni, ma con una loro consistenza materiale ben definita, dal tipo di carta utilizzato ai materiali che hanno dato origine a stampe un poco difettose, permettendo di penetrare ancor meglio il mondo dei Carracci dal quale avevano tratto origine, sebbene realizzate un sessantennio dopo.
“Grazie allo studio e al confronto con altre incisioni – sottolinea ancora la Sapori – sono arrivata alla conclusione che i disegni da cui sono nate le incisioni sono stati realizzati da Carracci non nel periodo romano, mentre lavorava a Palazzo Farnese come si è sempre pensato, ma prima, quando ancora i fratelli Carracci si trovavano a Bologna”. “Queste incisioni documentano pertanto un periodo importante – conclude – anzi centrale nello sviluppo dell’arte dei Carracci, cioè il periodo bolognese precedente al loro arrivo a Roma. E ci dicono molto anche sugli interessi artistici di quel periodo perché testimoniano come all’epoca fossero ancora fortemente legati alla rappresentazione del vero in senso realistico, intensamente occupati a rappresentare in modo naturalistico la realtà che li circondava”.
Un “senso del vero”, tra ambulanti, acquaioli, ciabattini e artisti di strada, che abbandoneranno una volta arrivati a Roma, quando si immergeranno nel vortice dello splendore seicentesco.