ROMA – “Questo nuovo allestimento così innovativo, che mescola tempo e opere, farà certamente discutere, ma è giusto così”. A pronunciare queste parole è stato il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini, il giorno stesso in cui la Galleria Nazionale (ex Gnam) è stata inaugurata dopo alcuni lavori di ristrutturazione e con un totale rivoluzionamento del percorso espositivo.
Da allora entusiasmi e polemiche si sono alternati per questo nuovo allestimento forse “poco ortodosso”, firmato dalla direttrice della Galleria, Cristiana Collu. Le scelte effettuate per il monumentale spazio espositivo sono state ritenute arbitrarie e quindi non condivise da alcuni membri del Comitato scientifico che, per questo motivo hanno preferito rassegnare le loro dimissioni. Si tratta della prof.ssa Jolanda Nigro Covre e del Professor Claudio Zambianchi.
Al defilarsi dei due membri (su quattro del Comitato) si è aggiunta anche una lettera, indirizzata direttamente al ministro Franceschini, scritta dal Professor Fabio Benzi, sempre componente del Comitato scientifico del museo, il quale, anziché abbandonare il campo, ha scelto di ottemperare al suo compito, come lui stesso ha specificato, senza risparmiare le proprie critiche in relazione alla “grave” situazione che si è venuta a creare.
Nella lettera Benzi si sofferma innanzi tutto sulla mancata condivisione delle scelte effettuate “prevista dall’articolo 6 dello Statuto e auspicata da ciascuno dei membri”, scrive Benzi che sottolinea ancora: “La Direttrice, nella riunione tenuta il 14 u.s., ha ribadito perentoriamente di essere la sola responsabile di ogni decisione potendo tranquillamente ignorare qualsiasi parere del Comitato Scientifico. Nel caso del riallestimento (l’atto più importante che si potesse concepire nel museo) non lo ha nemmeno chiesto”. E puntualizza ancora il professore: “Certamente il Comitato ha solo un valore consultivo, ma se deve essere totalmente ignorato, non conviene eliminarlo?”. Ciò che Benzi contesta dunque è il presupposto attuato “in modo esasperato e narcisistico”.
Ma il punto cruciale rimane per il professore, la decontestualizzazione delle opere dalla loro storia e quindi dalla loro genesi culturale. “Nessun cartello orienta il visitatore su scelte così arbitrarie. Gli esperti d’arte non avranno problemi, ma il pubblico non è formato solo da esperti. Indubbiamente l’effetto complessivo è scenografico, ma credo che gli stessi effetti si sarebbero potuti ottenere anche attraverso un’esposizione storica, modulata e intercalata da confronti altrettanto e più efficaci rispetto a quelli proposti dalla Direttrice”. Il professore rimarca quindi “cosa deve essere l’unico Museo Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea d’Italia? Quali scopi si prefigge, quali traguardi vuole raggiungere, con quali mezzi e con quali strumenti? […] Trovo inaccettabile che in futuro nessun giovane studente, nessun visitatore straniero, nessun visitatore potrà più avere un’idea di ciò che fu ed espresse un ben preciso periodo della storia dell’arte italiana. Non potrà più meditare, facendo confronti, sui nostri anni Cinquanta o Venti del secolo scorso, sul nostro Neoclassicismo o sui nostri Macchiaioli”. Benzi conclude sottolineando che l’attuale allestimento “è più simile a una Biennale che non a un Museo”.
Dal canto suo la Direttrice del museo, come riportato dal quotidiano “La Repubblica”, si dice invece serena e, a proposito delle dimissioni e delle polemiche sorte, dichiara: “Ai dimissionari esprimo la mia stima, abbiamo lavorato bene insieme, ma credo che ci sia un errore di fondo: un cosa è la galleria in quanto museo, un’altra se si considera la storia dell’arte. A me piace la prossimità col pubblico, magari non ortodossa. In programma c’è il nostro tempo e questo è un allestimento e anche una mostra che ha una data di fine, nel 2018. Non era scontato, in passato non sempre è stato così”.
Intanto la Galleria, polemiche a parte, continua a registrare un alto numero di presenze. Nella sola sera dell’inaugurazione sono stati 6mila gli ingressi per la mostra ‘Time is out of joint’. Ma come scrive Benzi nella sua lettera: “il fine di un Museo così importante è davvero solo avere molti visitatori, a qualsiasi prezzo?”.