Paesaggi urbani e natura. E il bianco e nero come filo conduttore. Inaugura venerdì 30 maggio 2025 dalle 18.30, alla Galleria Fidia di Roma La parola nel brusio. La scrittura di luce e d’ombra di Sandro Lombardo, la personale del fotografo che esplora il paesaggio urbano – ma anche quello naturale – alla ricerca di una realtà fatta di luci e ombre che cattura grazie alle sue fotografie in bianco e nero.
Ispirato da maestri della fotografia come Sebastiano Salgado, Sandro Lombardo, che nasce a Torino nel 1965 e cresce con la passione per la natura e gli animali che lo porterà ad una carriera veterinaria, coltiva la fotografia come una passione profonda, un modo per esprimere e comprendere il mondo che lo circonda.
Affinando la sua tecnica Lombardo si avvicina prima alla pellicola, trovando nella tecnica analogica la sua naturale forma di espressione che si completa con la scelta del bianco e nero che rappresenta il suo stile e gli permette di focalizzarsi sulla forma, sul contrasto e sulla bellezza essenziale. In un secondo tempo Lombardo opta per la fotografia digitale, sperimentando una nuova libertà espressiva, pur rimanendo legato alla visione e al rigore che aveva sviluppato con la pellicola. La possibilità di scattare in modo più spontaneo e di lavorare sulle immagini con maggiore immediatezza apre nuove strade per la sua creatività, pur mantenendo intatta l’attenzione ai dettagli e la ricerca estetica.

Attratto dalla dimensione umana e dalla natura, Lombardo approfondisce uno stile fotografico che esplora le relazioni tra uomo, ambiente e animali. E, oltre a Salgado, il cui lavoro documentaristico e la sua capacità di raccontare storie universali attraverso immagini potenti lo hanno profondamente influenzato, altri autori come Rainer Maria Rilke e Jorge Luis Borges hanno un ruolo cruciale nella formazione della sua visione artistica che diventa quindi una fusione tra diverse forme d’arte: la fotografia, la scrittura e la poesia si mescolano per raccontare storie che vanno oltre il visibile, stimolando emozioni e riflessioni.
Scrive Sara De Chiara nel testo critico che accompagna la mostra: «L’essenzialità dei mezzi espressivi impiegati, l’assenza del colore anche nell’uso di tecnologie digitali, è una scelta consapevole che avvicina il metodo di lavoro a quel carattere essenziale che il fotografo ricerca nelle pieghe del reale. Il bianco e nero fortemente contrastato non semplifica o riduce ma svela, o meglio, spoglia la realtà dalle distrazioni, dagli ornamenti, dal superfluo e lascia emergere l’essenza: la poesia nascosta nell’ordinario. È la perfetta simmetria che si rivela all’improvviso in un paesaggio giapponese, come se un ideogramma fosse stato tracciato nell’aria e lì rimasto sospeso. È la compenetrazione di un volto con un paesaggio boscoso riflesso sul finestrino di un treno. È lo sguardo malinconico di una giovane che è la malinconia dell’adolescenza. È una roccia che rivela morbidezze di donna. È uno squarcio di sole tra i grattacieli, è quasi possibile percepirne il calore. È la figura di un murale che si stacca dal muro e rimane sospesa, impalpabile come un’apparizione. È un bambino che va incontro all’immensità dell’oceano per abbracciarlo. È il patchwork sorprendente dalla campagna arata, che trasforma la natura in una forma di scrittura visiva».
