FIRENZE – Un’ipervisione proposta dalle Galleria degli Uffiziche offre la possibilità di osservare i capolavori della scultura greco-romana da un punto di vista inedito, ovvero quello dei piedi. Si tratta di “NOME” la nuova esposizione virtuale nella quale le scarpe indossate da divinità, eroi ed imperatori effigiati nel marmo sono poste a diretto raffronto con i loro modelli originali, visibili dal vivo fino al 20 settembre alla mostra “Ai piedi degli Dei”, allestita nelle sale del Museo della Moda e del Costume di Palazzo Pitti.
Con il tempo la calzatura si è simbolicamente elevata a espressione dello status sociale del proprietario, divenendo oggetto che, al pari del vestiario, potesse valorizzare l’estetica della persona. “Nello stile di questi strumenti quotidiani dalle origini umili – si legge in una nota del museo – sono stati dunque riversati i principi di armonia e simmetria che governavano il gusto classico, così la scarpa è divenuta essa stessa opera d’arte, creazione plasmata più per esigenze estetiche che pratiche, autentica protagonista della storia della cultura”.
“L’iniziativa – spiega il direttore delle Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt – dimostra come lo studio di un dettaglio antiquario apparentemente secondario possa divenire uno strumento originale e innovativo per una conoscenza sempre più approfondita del nostro incredibile patrimonio statuario. E’ con orgoglio che ribadiamo il primato degli Uffizi nell’aver dedicato una mostra alla calzatura nel mondo classico, un’esposizione che, oltre ad averci offerto l’opportunità di ammirare autentici capolavori dell’arte della moda e del cinema, resterà una pietra miliare negli studi della civiltà greco-romana”.
Mentre la curatrice Lorenza Camin sottolinea: “Con questa ipervisione abbiamo voluto dare un esempio concreto delle possibili ricadute di un approccio metodologico scientifico allo studio delle calzature del mondo greco e romano. Una migliore conoscenza dei tipi di scarpe utilizzate nell’antichità, della loro forma, uso e fortuna non risponde soltanto a una sterile curiosità antiquaria, ma consente di riconsiderare con nuovi dati e sotto una nuova luce opere scultoree celeberrime”.