MILANO – L’artista napoletana Letizia Cariello presenta un nuovo capitolo della sua ricerca scultorea, un progetto che supera le convenzioni del gioiello per trasformarlo in una forma di architettura indossabile. Le sue opere, visibili alla BABS Art Gallery di Milano fino al 15 maggio, si collocano al confine tra scultura, architettura e arte orafa, recuperando un linguaggio simbolico che attinge al Medioevo e lo proietta verso una dimensione futuristica.
Scultura e corpo: un tempio in movimento
Le “sculture portatili” di Cariello si presentano come oggetti che esplorano il rapporto tra spazio, materia e corpo. Non si tratta di semplici ornamenti, ma di vere e proprie estensioni identitarie, sigilli che trasformano il corpo in un’architettura sacra. Colonne, finestre e oculi si traducono in forme portabili, evocando il linguaggio gotico delle cattedrali in una sintesi che unisce Oriente e Occidente, geometria e pensiero.
Elementi in marmo levigato, inserti d’oro, ventagli in acciaio cuciti con filo rosso e pietre incise con il caratteristico “calendario” tracciano una narrazione visiva che si muove tra il simbolico e il materiale. La mostra non rappresenta una divagazione dal percorso dell’artista, ma un approfondimento coerente della sua riflessione sulla consistenza del tempo e sulle possibilità dello spazio.


Tra Bisanzio e il Surrealismo: le creazioni in mostra
Tra le opere esposte spiccano l’anello “Meridiana” in porcellana e oro giallo 18kt, il chocker “Equatore” e la collana “Teodora”, composti da pastiglie in porcellana con calendari incisi e strutture geometriche a stella. Anche la tiara concepita dall’artista assume un significato rituale: una corona regale destinata a una donna. L’astrazione medievale incontra la dimensione eroica del Surrealismo, evocando figure femminili storiche e mitologiche come Teodora imperatrice, le Valchirie e Maria Callas, restituite in una sequenza fotografica che ne amplifica il valore simbolico.
Un progetto che interseca spazio, tempo e memoria
La ricerca di Letizia Cariello si muove tra la scultura, l’installazione, il disegno, la videoarte e la fotografia, esplorando le connessioni tra materia e memoria. Laureata in Storia dell’Arte e diplomata in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera, dove oggi insegna nella Scuola di Scultura, l’artista ha dedicato la sua pratica alla ricostruzione di legami invisibili attraverso il filo rosso, elemento ricorrente nei suoi lavori. Questo segno simbolico diventa una traccia che unisce spazio e corpo, evocando una riflessione sull’architettura interiore ed esteriore.
Il progetto espositivo, accompagnato da un saggio critico di Francesca Molteni, guida il visitatore in un percorso segreto tra geometria e natura, in cui il ritmo e il modulo si rivelano attraverso la scultura. In questo gioco di forme e significati, il corpo diventa un luogo, un paesaggio, un’architettura che scrive il tempo e lo spazio con un linguaggio nuovo e ancestrale al tempo stesso.