ROMA – In uno spazio dedicato all’arte a 360 gradi lo spettacolo che contamina arte poesia e teatro trova la sua location ideale. Giochi di luce e videoproiezioni psichedeliche accolgono lo spettatore rapito dalla moltitudine di colori che si stagliano sul fondo in contrasto con il bianco candido che avvolge le due attrici: Agnese Ricchi e Cristina Colotta. Un inizio carico di pathos, con un lenzuolo bianco che copre questi corpi inermi, che a poco a poco riprendono vita, mentre il candore del lenzuolo si tinge di blu, quasi schiuma d’onda, come l’omonimo poema di Cesare Pavese: “Dialoghi con Leuco” da cui è tratto uno dei tre brani portati in scena. Il primo, “Le streghe” con un’intensa Agnese Ricchi nei panni di una Circe fuori dagli schemi con una risata prorompente e una regalità a tratti terrificante: “colei che tutto vede e tutto sa”, che rese il cuore solo a Odisseo che la rese immortale nei suoi versi. Altrettanto convincente è Cristina Golotta nei panni di Ariadne, la principessa cretese abbandonata da Teseo, che con espressione tragica e contorsioni corporee esprime il disagio dell’abbandono, il cui vuoto è stato colmato grazie alla ninfa Leucotea che la indirizza verso il culto del dio Dioniso, definito “dio della gioia”.
Ad alto impatto emotivo è la scena dell’adorazione del dio, rappresentata da una video installazione a sua immagine che si scompone in vortici di colori primari, indicativi dell’estasi dionisiaca, metaforicamente rappresentata dalle donne attraverso un tuffo con rincorsa all’interno di queste proiezioni: una vera e proprio corsa dentro questo tunnel del piacere. Romantica e struggente è il dialogo già citato “Schiuma d’onda”, dove il tema è il suicidio, con il confronto tra la mortale Saffo suicidatosi per amore e la divina Britomarti che schernisce l’altra, che per amore è stata sia onda che frangiflutti, in un’imperitura attesa del suo amato. Mentre gli dei deridono: l’amore, i mortali, la bestia. E apprezzano invece “Elena (di Troia) che non ride, ma forse è stata felice”.
Tra dialoghi, a diverso impatto emotivo, un registro stilistico aulico per un effetto coinvolgente, ma dove spicca l’intento artistico di unire armonicamente: teatro, musica e video per realizzare un nuovo prodotto artistico.
«Quest’opera è il testamento artistico di Cesare Pavese – spiega l’ideatrice Agnese Ricchi – il quale poco tempo dopo averla terminata si suicidò; tante suggestioni e meditazioni celate espresse magnificamente dalla sua maestria e genialità. Un testo che studiai e interpretai venti anni fa all’Accademia di Arte drammatica con la compianta Marisa Fabbri e che oggi mi sono riproposta di riprodurre con un linguaggio contemporaneo e poli-sensoriale composto da musica, video e teatro. Ed è stata una vera e propria scommessa».
Una scommessa vinta, per la commozione e l’intensità dipinta sui volti del pubblico, coinvolta emozionalmente con più sensi ed emozioni impresse nell’anima.
Foto di Samanta Sollima
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