ROVIGO – Dopo il grande successo della mostra dedicata a Renoir, la stagione espositiva di Palazzo Roverella riparte ad autunno con la grande fotografia.
Dal 22 settembre al 28 gennaio 2024, l’appuntamento è con la più leggendaria delle donne fotografe: Tina Modotti.
Da fotografa dimenticata a grande protagonista del XX secolo
L’opera di Tina Modotti fu per molti anni dimenticata, fino alla sua riscoperta nell’occasione della mostra al Moma di New York, nell’inverno del 1977.
Da quel momento la sua figura di donna intellettuale ed anticonformista, così come la sua opera fotografica, sono state oggetto di studi ed approfondimenti, confermandone il ruolo di grande protagonista del XX secolo.
La monografica dedicata alla grande pasionaria
L’esposizione rodigina, a cura di Riccardo Costantini con la collaborazione di Gianni Pignat e Piero Colussi, ospita più di 200 immagini insieme a filmati e documenti dedicati alla pasionaria.
Tina Modotti affrontò la sua vita con grande grinta, forte di una bellezza che intrigava uomini e donne e di un talento che la condusse, dalla povera casa della natia Udine ad Hollywood, dove fu protagonista in tre film muti, e poi nella vivacità culturale di Città del Messico.
Ad introdurla alla fotografia fu il grande fotografo americano Edward Weston, di cui fu modella e assistente, arrivando a costruire un suo personale percorso tematico e stilistico.
Con la sua macchina fotografica, Tina spazia dalle architetture alle nature morte, per poi dedicarsi anima e corpo a raccontare la vita, il lavoro, la quotidianità dei ceti popolari, contadini e operai, cui lei sentiva di appartenere.
La mostra a Palazzo Roverella documenta l’intera opera della Modotti facendo perno sulla ricostruzione dell’unica mostra da lei direttamente realizzata a Città del Messico, nel 1929, dove furono esposte una sessantina di opere oltre 40 delle quali saranno presenti in mostra.
Quando Tina morì, la sera del 5 gennaio del ’42, mentre in taxi tornava da una cena con amici, il suo amico Pablo Neruda rimase profondamente colpito tanto da dedicarle un accorato epitaffio: “Tina Modotti, sorella non dormi, no, non dormi: forse il tuo cuore sente crescere la rosa di ieri, l’ultima rosa di ieri, la nuova rosa. Riposa dolcemente sorella. Sul gioiello del tuo corpo addormentato ancora protende la penna e l’anima insanguinata come se tu potessi, sorella, risollevarti e sorridere sopra il fango”.
Questi primi versi di Neruda compaiono nel pantheon degli artisti della capitale messicana. Gli ultimi dell’epitaffio: “Puro è il tuo dolce nome, pura la tua fragile vita:/di ape, ombra, fuoco, neve, silenzio, spuma,/d’acciaio, linea, polline, si è fatta la tua ferrea,/la tua delicata struttura”, nella stele che alla Modotti è stata dedicata nella sua città natale.