ROMA – Dopo Marcel Duchamp, sembra che la bellezza non sia più l’obiettivo fondamentale di quelle che una volta si chiamavano “belle arti”, per distinguerle dalle arti utili. Se si parte dalla sua opera ready-made intitolata ”Fontana”, un comune orinatoio che diventa arte se firmato, titolato e posto in un ambiente adatto, si comprende come schivare la bellezza sia centrale per evitare che qualche incompetente possa pensare che il miracolo dipenda dall’azione di proprietà estetiche e non dall’invenzione concettuale.
Ma, dunque, davvero dobbiamo rassegnarci al fatto che l’arte deve essere brutta e che la bellezza la dobbiamo trovare altrove?
Secondo Ugo Nespolo l’arte non deve affatto essere brutta. E per non essere brutta ha bisogno di progettualità, di regole, di maestria esecutiva. In arte il bello è frutto di un ideale. Spesso si confonde la bellezza di un’opera con il suo prezzo: il fatto che un’opera costi molto non significa che valga qualcosa, ne che sia bella. Per Simonetta Lux l’arte oggi non è bella, non è utile, non soddisfa le aspettative, ma non si può dire per questo che sia brutta. L’arte di Marcel Duchamp, per esempio, è indifferente all’idea di bellezza o bruttezza. Pertanto può benissimo essere anche brutta.