Con un’inaugurazione bagnata dalla pioggia ma affollatissima di ospiti, musica dal vivo e persino trampolieri di bianco vestiti, Roma ieri sera ha ritrovato uno dei suoi luoghi più affascinanti, il Museo del Genio dell’Esercito Italiano, che ha finalmente aperto le sue porte al grande pubblico, famiglie, studenti, studiosi, scuole, visitatori italiani e internazionali, trasformandosi da istituzione specialistica a nuovo polo culturale della Capitale. È un ritorno e insieme una rinascita: un’iniziativa promossa da Difesa Servizi, su mandato del Ministero della Difesa, per valorizzare il patrimonio storico e tecnico dei musei militari italiani. Il progetto è prodotto e organizzato da Arthemisia e con il patrocinio della Regione Lazio, in partnership con Fondazione Terzo Pilastro Internazionale e Poema.
Dietro il nome apparentemente semplice – Museo del Genio – si cela una realtà complessa e vitale, l’Istituto Storico e di Cultura dell’Arma del Genio (ISCAG): un luogo dove convivono museo, biblioteca, archivio storico e fotografico, spazi per la ricerca e per la divulgazione. Un centro di intelligenza collettiva che racconta, attraverso oggetti e documenti, come la creatività umana abbia saputo trasformare la conoscenza in progresso, dalla costruzione al volo, dalle trasmissioni alla scienza dei materiali.


Il percorso espositivo tra radiotelegrafi, proiettori, apparecchi ottici e modelli di dirigibili
Il percorso espositivo, aperto ora ai visitatori, si presenta come un viaggio nel tempo e nell’ingegno. Nella Sala delle Colonie e dell’Architettura Militare, modelli e riproduzioni in scala raccontano l’evoluzione delle fortificazioni ideate dal Genio militare italiano. Qui spicca il “fortino Spaccamela”, un prototipo di architettura modulare in lamiera, smontabile e trasportabile, simbolo della capacità di unire funzionalità e inventiva. La Sala della Fotografia, delle Trasmissioni e delle Fotoelettriche immerge invece il visitatore in un universo di invenzioni che hanno rivoluzionato la comunicazione. Strumenti imponenti, radiotelegrafi, proiettori e apparecchi ottici, oggi quasi oggetti d’arte, testimoniano un secolo di ricerca tecnologica. È qui che si comprende come l’intuizione del Genio abbia anticipato l’era digitale: le stesse funzioni che un tempo richiedevano macchine grandi e complesse sono oggi racchiuse nel palmo della nostra mano. Il viaggio prosegue nella Sala dell’Aeronautica e dei Ferrovieri, che documenta la nascita dell’Aeronautica Militare Italiana, sorta proprio come specialità del Genio. Modelli di dirigibili, strumenti di bordo e documenti d’epoca raccontano le prime imprese del volo e l’evoluzione tecnica che avrebbe reso l’Italia una delle nazioni più avanzate nel campo aeronautico. Accanto, una sezione è dedicata al Reggimento Genio Ferrovieri, reparto d’eccellenza dell’Esercito, custode di un sapere tecnico e ingegneristico che ha contribuito a costruire la rete ferroviaria nazionale e a garantire collegamenti essenziali in tempi di guerra e di pace.



Esempio di architettura razionalista
Ma il Museo del Genio non è solo esposizione. È anche architettura narrante, un’opera d’arte in sé. Il complesso monumentale che lo ospita, affacciato sul Lungotevere della Vittoria, fu progettato tra il 1936 e il 1939 dal tenente colonnello Gennaro De Matteis e rappresenta uno degli esempi più alti dell’architettura istituzionale del Novecento. Qui convivono l’austerità del razionalismo europeo e l’equilibrio classico teorizzato da Marcello Piacentini. La facciata, rivestita in travertino romano, si apre su un’esedra monumentale fiancheggiata da due torrioni fortificati, chiaro omaggio alle antiche architetture militari. Oltre l’ingresso si apre il Cortile di Santa Barbara, cuore simbolico dell’edificio, dedicato alla patrona dei genieri. Sulle sue pareti, come su una pietra miliare della memoria, sono incise le date delle campagne dell’Arma del Genio e delle Trasmissioni. Da qui si diramano i porticati che conducono ai cortili secondari – delle Armi e delle Vittorie – e alle sale espositive del pianterreno. Al centro, il Sacrario, uno spazio solenne rivestito di marmi, con vetrate artistiche di Duilio Cambellotti, che raccontano la vita e il martirio di Santa Barbara. L’intero complesso, che si sviluppa su quattro livelli per oltre 23.000 metri quadrati, è concepito per guidare il visitatore in un percorso fluido, senza ritorni, come un viaggio progressivo nella storia e nella conoscenza. La torre centrale, alta 77 metri più il pennone con il tricolore, si impone sul panorama romano, rendendo l’edificio il quinto per altezza nella Capitale. All’esterno, nei giardini, sorge il Monumento ai Caduti dello scultore Eugenio Maccagnani, originariamente destinato a Castel Sant’Angelo, oggi perfettamente integrato nel contesto del museo.


Spazio espositivo per mostre temporanee: Vivian Maier e Ugo Nespolo le prime due
Ad arricchire l’inaugurazione, due mostre inaugurali di grande prestigio: Vivian Maier. The Exhibition, dedicata alla fotografa americana che ha saputo catturare la poesia della quotidianità, e Pop Air di Ugo Nespolo, un progetto inedito di sculture gonfiabili che reinterpreta con ironia i capolavori dell’arte mondiale. Due linguaggi diversi e complementari che sottolineano la vocazione del Museo del Genio a unire memoria e contemporaneità, ricerca e meraviglia.










