ROMA – Dopo 500 anni il mistero del volto di Andrea Palladio, il più celebre architetto di ogni tempo, sembra finalmente risolto, grazie a un’indagine senza precedenti che ha messo insieme gli storici dell’arte del Palladium Museum, gli esperti della Polizia Scientifica e la Soprintendenza belle arti e paesaggio di Verona, Rovigo e Vicenza. I risultati di questa ricerca, che ha assunto i risvolti di un vero “cold case”, sono stati presentati in una conferenza stampa organizzata, presso la sede del Ministero dei Beni culturali a Roma. Oltre a Ilaria Borletti Buitoni hanno preso parte alla conferenza Vittorio Rizzi Direttore della Direzione Centrale Anticrimine, Fabrizio Magani soprintendente delle Belle Arti, Guido Beltramini del Centro internazionale studi del Palladio Museum e Gianpaolo Zambonini esperto della Polizia Scientifica.
Il caso nasce perché in realtà non esiste un ritratto ufficiale di Palladio. Per colmare questa mancanza, nel corso del Settecento, sono stati proposti innumerevoli ritratti dell’architetto, anche molto diversi fra loro: gli inglesi nel 1716 lo hanno proposto giovane e senza barba, oppure altrettanto giovane e con i baffi, i vicentini nel 1733 hanno replicato con un Palladio più anziano e calvo.
Per risolvere il caso sono stati dunque presi in considerazione i 12 ritratti più celebri e accreditati dell’artista sparsi nel mondo ed esposti fino al 18 giugno a Vicenza per la mostra “Andrea Palladio. Il mistero del volto”. Due provengono da Londra (RIBA Collections e Royal Collection at Kensington Palace), uno da Copenaghen (Statens Museum), quattro da Vicenza (villa Rotonda, villa Valmarana, teatro Olimpico, villa Caldogno), uno da Notre Dame, Indiana (Snite Museum of Art), uno da una collezione privata a Mosca, uno da Praga (Národní Muzeum), uno da un’asta di Christie’s a New York e un ultimo da un antique shop nel New Jersey. Ma la domanda sorta è stata: Sono tutti autentici? E l’uomo ritratto è sempre Palladio?
Per rispondere a queste domande sono quindi scesi in campo vari specialisti. Gli storici del Palladio Museum hanno fatto ricerche in archivio e biblioteca, i tecnici della Soprintendenza hanno indagato gli aspetti materiali dei dipinti nel proprio laboratorio di restauro di Verona e la Polizia Scientifica ha confrontato fra loro i volti con i metodi della comparazione fisionomica.
Guido Beltramini, curatore della mostra ha raccontato: “Il Palladio Museum e la Soprintendenza di Verona hanno chiesto aiuto al Servizio di Polizia Scientifica della Polizia di Stato per scrivere finalmente la parola fine su quasi trecento anni di dispute sul volto di Palladio: da quando cioè gli inglesi nel 1716 si sono “inventati” un falso Palladio dipinto da Paolo Veronese. E’ stato un affascinante incontro fra scienze forensi e storia dell’arte, dove ognuno ha cercato di dare il meglio di sé.”
Fabrizio Magani ha invece precisato “L’esperienza di studio e ricerca ha sorpreso per le potenzialità tecniche messe in gioco, dimostrando come la semplicità di un tema espositivo possa promuovere pratiche complementari e risultati tutti nuovi”.
“Il mestiere dell’investigatore della Polizia Scientifica ben si sposa con la perizia dell’esperto d’arte, entrambi attenti al metodo scientifico e ai dettagli.” – così il Prefetto Vittorio Rizzi, direttore del settore anticrimine della Polizia di Stato – “Attraverso la tecnica del confronto dei volti, comunemente utilizzata per identificare gli autori dei crimini più violenti, e quella dell’age progression, normalmente usata per la ricerca delle persone scomparse e dei latitanti, abbiamo confermato i risultati della ricerca storica, risolvendo uno dei cold case più antichi”.
L’allestimento della mostra vicentina, progettato da Alessandro Scandurra, è in grado di restituire efficacemente l’atmosfera di una detective-story. Accanto ad ogni dipinto infatti il visitatore trova dei tavoli luminosi in cui sono presentati i “reperti” dell’indagine: radiografie dei quadri, sezioni stratigrafiche che evidenziano la successione delle pellicole pittoriche, antiche fotografie, documenti. È così possibile verificare le ipotesi proposte in mostra e ritrovare il “proprio” Palladio.