NAPOLI – A lungo silenziati nei depositi, sequestrati o confiscati nel corso di decenni d’indagini, oltre seicento reperti archeologici tornano alla collettività grazie alla mostra “Tesori ritrovati. Storie di crimini e reperti trafugati”, allestita al Museo Archeologico Nazionale di Napoli fino al 30 settembre 2025. Non si tratta solo di restituire oggetti alla visione pubblica, ma di interrogarsi sulle perdite irreparabili causate dal traffico illecito: contesti di provenienza cancellati, dati archeologici compromessi, storie mutilate.
Curata da Massimo Osanna, Direttore Generale Musei, e da Marialucia Giacco, responsabile dell’area Studi e Ricerche del MANN, la mostra è il risultato di un lavoro di ricognizione imponente e corale, frutto di un protocollo d’intesa tra il museo e la Procura della Repubblica di Napoli, con la collaborazione dell’Università Federico II e dei Carabinieri del Nucleo per la Tutela del Patrimonio Culturale. Un’indagine che ha interessato oltre 15.000 reperti archeologici, documentando non solo i percorsi della loro sottrazione, ma anche il lungo processo di dissequestro, studio e restituzione.

Legalità, cooperazione istituzionale e responsabilità culturale sono i pilastri su cui si fonda l’intero progetto. Il Procuratore Aggiunto Pierpaolo Filippelli sottolinea come la mostra rappresenti “una chiara dimostrazione di come la sinergia tra gli enti dello Stato possa condurre a traguardi di grande importanza“. Gli fa eco il Generale Francesco Gargaro, Comandante dei Carabinieri TPC, che evidenzia il valore delle ricostruzioni d’archivio effettuate in collaborazione con archeologi e magistratura, capaci di restituire anche il contesto investigativo e processuale dei sequestri.
Cinque sezioni per raccontare il saccheggio e la sua eredità
Il percorso espositivo si articola in cinque sezioni tematiche, pensate per restituire una narrazione complessa e sfaccettata del fenomeno. Dalla storia del collezionismo privato, spesso complice di scavi clandestini e dispersioni irreversibili, si passa all’analisi del mercato illegale transnazionale, alle falsificazioni, ai casi giudiziari emblematici e alle vicende ancora aperte, in cui le opere trafugate non sono mai tornate alla collettività.
L’allestimento, ospitato nelle nuove sale del terzo piano del museo, accoglie reperti di provenienza prevalentemente meridionale, databili dall’età arcaica al Medioevo. Tra questi: ceramiche daunie, etrusco-corinzie, apule e campane, armi in bronzo, elementi marmorei di arredo romano, terrecotte figurate e una ricca collezione di monete greche, romane e medievali. Una selezione che restituisce non solo la varietà tipologica e cronologica dei materiali, ma anche la profondità delle ferite inflitte dalla sottrazione illegale.
Storie riemerse: tra Maria Callas, antiche farmacie e statue dimenticate
La mostra affronta le conseguenze di una dispersione che ha compromesso la lettura del patrimonio. Al centro del percorso, una serie di vicende emerse dagli archivi giudiziari e dalle indagini, spesso rimaste ai margini della narrazione museale. Episodi che rivelano legami inattesi tra collezionismo privato, circuiti illeciti e fragilità del territorio.
L’intento è quello di ricostruire le trame culturali e sociali che ne hanno accompagnato la dispersione. La mostra si presenta così come uno spazio di rilettura critica, in cui il museo affronta in modo diretto le responsabilità della tutela e le zone d’ombra della sua stessa storia.
Tra le vicende più significative, quella delle tre lastre affrescate della cosiddetta Tomba del Cavaliere di Paestum, un tempo nella collezione privata di Maria Callas; o la storia di una farmacia napoletana in cui si saldavano debiti con reperti archeologici in cambio di sostanze psicotrope. Non mancano episodi paradossali: un archeologo francese che acquistava statue pompeiane da contadini locali per cinquantamila lire, o una statua del I secolo d.C. rimasta per anni nel cortile di un condominio di Fuorigrotta, fino a essere trafugata da un noto criminale del quartiere.
In questo intreccio di storie, documenti e reperti, “Tesori ritrovati” costruisce un racconto necessario, che riporta alla luce non solo gli oggetti, ma anche le domande che li accompagnano.