VENEZIA – Gli archeologi dell’Università Ca’ Foscari Venezia, sotto la guida del Professore Sauro Gelichi, hanno presentato gli esiti degli ultimi scavi effettuati a Jesolo, nell’area del monastero di San Mauro (in prossimità del complesso monumentale delle “Antiche Mura”).
L’attenzione si è focalizzata su un cimitero altomedievale che ha svelato interessanti dettagli sulla vita dei primi veneziani. Con 136 tombe scoperte, la ricerca promette di rivelare aspetti inediti della società lagunare nel lungo periodo.
Un’indagine pluriennale
La campagna di scavo, svoltasi nei mesi di settembre e ottobre 2023, ha esteso le ricerche avviate nel 2018. Il sito, originariamente una sorta di barena emergente nel paesaggio lagunare alle foci del Piave Vecchia, rivela una sequenza insediativa dal VI secolo fino al XIII-XIV. Gli sforzi recenti si sono concentrati sulle fasi cimiteriali collegate a un complesso ecclesiastico, con due fasi edilizie principali emerse: una chiesa absidata ad una sola navata nella prima fase, e un ampliamento a tre navate nel periodo medievale successivo.
La vita dell’antica comunità
L’attenzione degli archeologi si è estesa all’analisi delle 136 tombe, coinvolgendo circa 170 individui. Oltre agli aspetti biologici come età, sesso, cause di morte e malattie, l’indagine si propone di delineare comportamenti alimentari e relazionali della comunità. Un’attenzione particolare è riservata a uno scheletro afflitto da osteocondrite, la cui gravità costituisce un caso unico nell’archeologia italiana.
Un quadro completo dell’insediamento
La ricerca di quest’anno ha rivelato nuove informazioni sull’insediamento che si è sviluppato nell’isolotto di San Mauro all’inizio dell’Alto Medioevo, prima della realizzazione degli edifici religiosi. Costruzioni in legno con focolari a terra mostrano segni di interventi di risistemazione e riorganizzazione interna nel breve periodo di utilizzo.
Collaborazioni scientifiche e supporto
La ricerca si svolge grazie all’appoggio e al supporto economico dell’Amministrazione Comunale di Jesolo e al finanziamento Fondo Scavi di Ca’ Foscari. Esso si avvale inoltre di un nutrito numero di collaborazioni scientifiche: il Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova per le indagini geomorfologiche (prof. Paolo Mozzi, dott.ssa Sandra Primon) e il Dipartimento di beni culturali sempre dell’Università di Padova (prof. Michele Secco) per lo studio delle malte, con l’Università di Umea (Prof. Johan Linderholm) e l’Università di Pisa (dott.ssa Claudia Sciuto) per le analisi micro-morfologiche, con l’Università di Siena (Prof. Stefano Campana) per la geognostica, con il Laboratorio di Antropologia Fisica dell’Università del Salento (Dott.ssa Serena Viva) per lo studio dei reperti osteologici, e con il Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica, Università Ca’ Foscari Venezia (Prof. Carlo Barbante, Prof. Dario Battistel e Prof.ssa Clara Turetta) per lo studio della dieta alimentare. Le indagini biometriche si sono avvalse, inoltre, della preziosa collaborazione di Polimedica srl e Poliambulatorio Caorlese srl per la realizzazione di indagini diagnostiche su traumi a carico dell’apparato scheletrico del campione umano equilense.
L’approccio interdisciplinare della ricerca
Il Prof. Sauro Gelichi, direttore dello scavo, sottolinea l’importanza di un approccio interdisciplinare e avanzato nella diagnostica archeologica. Le scoperte, tra cui il raro caso di osteocondrite, evidenziano l’eccezionalità dell’esplorazione jesolana e promettono nuove narrazioni sull’antica Equilo. L’obiettivo finale è condividere queste scoperte con la Comunità di Jesolo attraverso un progetto di divulgazione pubblica.
Il Soprintendente Fabrizio Magani ha evidenziato l’importanza delle indagini archeologiche per la conoscenza del territorio e la tutela del patrimonio.
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