WASHINGTON – Il 24 settembre è stato inaugurato a Washington, il Museo nazionale di storia e cultura afroamericane dello Smithsonian Institution. “Un sogno che diventa realtà”, come ha sottolineato John Lewis, il parlamentare afroamericano che guidò la prima marcia per i diritti civili a Selma in Alabama il 7 marzo 1965.
È stato il Presidente Barack Obama a battezzare il nuovo spazio espositivo che, probabilmente come ha sottolineato lo stesso Presidente, non allevierà, né risolverà il problema della violenza e delle armi, ma aiuterà sicuramente a contestualizzare i problemi attuali, non ultimi quelli che si sono sollevati in questi ultimi giorni a Charlotte. “La storia degli afroamericani non è separata dalla storia americana. Ne è una parte centrale. Ci aiuta a capire meglio le vite del presidente e dello schiavo, dell’industriale e del facchino, di chi vuole mantenere lo status quo ma anche degli attivisti che vogliono cambiarlo. Conoscendo questa storia capiamo meglio noi stessi e gli altri” ha dichiarato Obama nel suo discorso.
Il complesso museale è opera dell’architetto britannico David Adjave, originario del Ghana e dell’architetto Philp Freelon. L’autorizzazione per il museo, firmata nel 2003, risale all’amministrazione di George W. Bush, anche se il progetto era stato ideato subito dopo la Prima Guerra Mondiale. La sua realizzazione, durata circa quattro anni, ha avuto un costo pari a 540 milioni di dollari, tra finanziamenti privati e fondi federali.
Il percorso espositivo parte dagli oggetti che ricordano il periodo della schiavitù per arrivare nei piani più alti al racconto della vita di personaggi illustri, che con la loro forza e tenacia sono riusciti a riscattarsi divenendo veri e propri simboli di questa lotta per la libertà e per l’integrazione sociale, da Angela Davis a Michael Jackson, da Chuck Berry a Louis Armstrong.