Esce il numero 2 di Acta Non Verba, rivista cartacea edita dalla SEF Consulting e che tratta temi inerenti finanza, arte, cultura, internazionalizzazione, e speciali diversi per ogni appuntamento.
Questo numero vede articoli su Procida, il PNRR, il fundraising, l’agrifood, la rivoluzione digitale, la green supply chain, il pharma ma anche recensioni di libri come “Il Re Pallido” di David Foster Wallace, interviste a personalità quali Renato Grottola (membro del Comitato Scientifico per la Blockchain di San Marino Innovation e componente della commissione UNI/ CT 532 “Blockchain e Tecnologie per la gestione distribuita dei Registri Elettronici) e Rosario Bifulco (presidente di Finarte).
Come da tradizione la copertina è dedicata a un artista eccellente del panorama internazionale, e dopo Angelo Casciello e Perino&Vele la rivista ha deciso di omaggiare Roberto Recchioni, artista sequenziale, tra le altre cose direttore editoriale e principale sceneggiatore della Bonelli per la famiglia di collane dedicata a Dylan Dog.
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Acta Non Verba è anche una rivista online che recentemente si è rinnovata lanciando nuove sezioni come Carta Rosa, i podcast, mantenendo alto l’interesse per la finanza e la cultura che ha contraddistinto le pubblicazioni iniziate a settembre 2020. In particolare la cultura, “un percorso di ricerca e approfondimento per far comprendere il valore aggiunto che l’arte può avere oggi per l’economia del paese, e per la sua salute” afferma Marco Amore (responsabile del settore Cultura), e l’attenzione all’imprenditoria femminile che diventa rilancio e svolta anch’essa prettamente culturale, legando opportunità a questioni di genere. “Quando parliamo di donne e lavoro dobbiamo necessariamente ricordare che esiste il lavoro dipendente, ma anche quello imprenditoriale, che molto spesso appare come una risposta delle donne a un mercato del lavoro che non le valorizza, le sottopaga, le fa sentire inadeguate e colpevoli se diventano madri, in una società nella quale i servizi di sostegno alle famiglie sono poco più che inesistenti e dove il lavoro dipendente confluisce spesso in un part-time (che non è sufficiente a garantire autonomia economica) o addirittura nel licenziamento. Carta Rosa è uno strumento di informazione e di sostegno rivolto alle donne che vogliono diventare protagoniste del proprio lavoro”, afferma la responsabile della sezione Roberta Morosini. Un’attenzione che “solo cambiando punto di vista, prospettive, è possibile far diventare un risultato concreto e spendibile anche di fronte alla scommessa del PNRR” afferma Errico Formichella, direttore del sito e della Rivista, e CEO di SEF Consulting.
Qui il sito di Acta Non Verba
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Di seguito un’intervista a Rosario Bifulco, presidente di Finarte, una delle principali case d’aste italiane con sede a Milano, tratta dal numero cartaceo appena uscito di Acta Non Verba.
È risaputo che il mondo dell’arte ha sempre beneficiato di forme di mecenatismo culturale e che il collezionismo è uno dei motivi per cui abbiamo ereditato grandi capolavori artistici, ma il connubio tra arte e finanza sembra essersi sublimato durante il Novecento tanto che appare quasi impossibile parlare di valore di un’opera se non in rapporto al mercato globale dell’arte. Lei cosa ne pensa?
Non so come andassero queste cose nel Novecento ma posso dire che il ruolo dei collezionisti oggi è quello di fare da apripista per gli artisti emergenti: per cui il valore di mercato di un’opera effettivamente sembra imprescindibile dal suo valore artistico. A me capita ancora di comprare pezzi indipendentemente dal loro valore di mercato. Solitamente si tratta di opere di artisti giovani, appunto “emergenti“, che acquisto partecipando ad aste in posti sperduti del mondo e basandomi sui miei gusti personali, come su quelli di mia moglie. Ma a dettare le regole è prevalentemente il mercato, peraltro sempre più dinamico e digitale. Pensiamo alle case d’aste che si sono sviluppate e diffuse online o a tutte quelle piattaforme e a quegli strumenti innovativi che ti consentono di sapere in tempo reale il valore spuntato in asta e altre cose del genere. In qualche maniera ne abbiamo guadagnato in trasparenza, ma forse stiamo perdendo un po’ il gusto dell’acquisto.
Il ruolo dei salotti privati, frequentati da artisti e componenti della buona società, intellettuali ed esponenti dell’alta finanza internazionale, è stato di fondamentale importanza in passato per imporre cambiamenti epocali che valicavano l’ambiente puramente intellettuale. Oggi è possibile riconoscere a quei salotti la stessa centralità nel panorama artistico europeo?
Apparentemente sembra che questi salotti si siano trasferiti un po’ intorno alle gallerie e credo che nel campo dell’arte contemporanea, durante il dopoguerra, chi faceva salotto è diventato gallerista. Così in realtà le situazioni in cui uno riesce a incontrare gli artisti ruotano soprattutto attorno alle gallerie o agli eventi organizzati dai galleristi. Di salotti dove non si parla di mercato, di acquisti e di vendite, mi pare ce ne siano veramente pochi. Magari sono io che ne ignoro l’esistenza, però ne sento parlare sempre di meno. Poi con il Covid il problema si è acuito. Come in tutto il resto del mondo, anche nel mercato dell’arte chi era ricco è diventato ancora più ricco e chi povero ancora più povero: le gallerie hanno retto l’urto a fatica, ma i veri vincitori sono le case d’aste, perché lo sviluppo delle aste online ha fatto sì che si formasse una domanda abbastanza importante nell’acquisto di opere anche durante il lockdown. Se le grandi gallerie hanno subito ingenti perdite, immagino che quelle piccole facciano veramente fatica ad andare avanti. Anche perché è necessario, specie in un momento come questo, essere organizzati con le banche e potersi permettere ingenti spese per le piattaforme tecnologiche: risorse che le piccole gallerie non possiedono. Rispetto agli interventi pubblici, sono molto scettico su un intervento efficace da parte dello Stato.
Oltre a essere presidente di Finarte, lei è considerato uno dei maggiori collezionisti italiani, con un assortimento di oltre 400 opere d’arte internazionali, per la curatela di sua moglie. Ci piacerebbe approfondire il discorso sulla sua collezione privata.
Una passione veramente impattante dal punto di vista economico e dell’impegno profuso. In prima battuta la collezione ha subito una segmentazione a seconda delle varie fasi della mia vita. Ora ho due persone che mi aiutano, oltre a mia moglie, e stiamo pensando di offrire anche dei servizi di Art Advisory, ma si vedrà più in là. Il filone principale è quello dell’arte afroamericana. Quindi tutta l’arte della african diaspora e del Nord Africa. A tal proposito, il primo artista su cui ho investito è stato il malese Abdoulaye Konaté (classe 1953). Poi c’è quello dell’arte italiana, con l’arte povera e la transavanguardia. Posseggo opere di molti artisti giovani e provenienti da varie parti del mondo. C’è il filone del “far east“. Molti lavori provenienti dalla Cina, dalle Filippine. Prevalentemente pittura e prevalentemente figurativo. Ma non sempre io e mia moglie ci troviamo d’accordo sugli acquisti.
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