FIRENZE – La Pala di Santa Lucia dei Magnoli (1445 circa), capolavoro del grande maestro rinascimentale Domenico Veneziano, è tornata a splendere dopo un restauro realizzato dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze e grazie al finanziamento, mediante Art Bonus, da parte del mecenate Giampaolo Cagnin, che in questo modo ha voluto omaggiare la memoria della moglie Anne Marie Bauer, restauratrice impegnata nel salvataggio delle opere d’arte dopo l’alluvione dell’Arno che colpì Firenze nel 1966.
Dopo un intervento di restauro iniziato con una vasta campagna diagnostica partita nel 2019, il dipinto ha così recuperato il suo vivace e intenso cromatismo.
Una delle opere più suggestive del primo Rinascimento
La Pala Magnoli, unica tavola firmata dal Veneziano, che ha apposto l’iscrizione “OPVS DOMINICI DE VENETIIS” sul bordo inferiore, è da considerarsi come una tra le opere più suggestive del primo Rinascimento italiano.
Commissionata per l’altare maggiore della chiesa di Santa Lucia dei Magnoli, dalla famiglia fiorentina dei Capponi, l’opera raffigura la Madonna col Bambino, affiancata dai Santi Francesco, Giovanni Battista, Zanobi e Lucia. Le figure sono disposte entro un porticato realizzato con accurata resa prospettica e caratterizzato da colori luminosissimi. La santa regge un piatto su cui sono presentati i suoi stessi occhi, simbolo del martirio cui venne sottoposta. Sullo sfondo, si vedono invece le chiome di tre alberi di arancio, la cui presenza unisce al significato simbolico – la fecondità spirituale – un riferimento all’importazione di questa particolare specie arborea, attestata in quegli anni da documenti della famiglia Medici.
La Pala entrò a far parte della collezione delle Gallerie degli Uffizi nel 1862, priva della predella composta da cinque scomparti oggi divisi tra la National Gallery of Art di Washington D.C., il Fitzwilliam Museum di Cambridge e gli Staatliche Museen di Berlino.
Il restauro
L’opera, dopo l’accurato restauro, può considerarsi oggi come un dipinto “ritrovato”. La Pala era infatti offuscata da un’antica operazione di pulitura, a cui aveva fatto seguito una patinatura a colla che ne aveva impoverito la pellicola pittorica, facendo perdere brillantezza ai colori e conferendo al dipinto un aspetto arido, al punto da poterlo assimilare quasi a una pittura murale.
“Si è trattato di un lavoro di grande difficoltà – ha spiegato il direttore delle Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt – possibile grazie alla generosità di un mecenate come Giampaolo Cagnin, che ha compreso la delicatezza dell’impresa, e all’altissima professionalità dell’Opificio delle Pietre Dure e dei suoi restauratori. Il suo aspetto ora fa dimenticare le condizioni in cui era prima e ci permette di comprendere meglio il grande impatto di Domenico Veneziano sulla pittura italiana del Quattrocento”.
“Il lavoro insieme minuzioso e discreto – ha osservato la soprintendente dell’Opificio delle Pietre Dure, Emanuela Daffra – che ha saputo recuperare limpidezze senza premere sul pedale della pulitura o senza nascondere svelature, ci restituisce la scansione dei piani, lo snodarsi dei profili, la fantastica ricchezza di dettagli (invito tutti a osservare il piviale di San Zanobi) con una nitidezza inedita. Sono davvero grata alla generosità di Giampaolo Cagnin, che ha fatto a tutti noi un autentico regalo. E nel giorno del solstizio d’inverno, quando le tenebre calano prima, invito tutti a passare in Fortezza, a godere per un momento di questa luce immutabile”.
“La partecipazione al restauro di Giampaolo Cagnin – ha evidenziato Sandra Rossi, direttore del settore restauro dipinti dell’Opificio delle Pietre Dure – non ha solo la importantissima valenza della liberale erogazione con cui un mecenate moderno decide di contribuire alla salvaguardia del patrimonio artistico. In questo caso sottolinea anche un legame storico, attraverso la sua vicenda personale, col mondo del restauro e, in maniera specifica, con l’Opificio delle Pietre Dure. Fu infatti all’interno del nostro laboratorio che sua moglie, all’indomani dell’alluvione del 1966, venne a prestare la sua opera in aiuto delle opere d’arte danneggiate da quel drammatico evento. Una solidarietà ed una collaborazione che oggi Cagnin ha voluto riproporre in memoria della consorte”.
Il ritorno dell’opera alle Gallerie degli Uffizi, nelle sale della Pittura del Quattrocento al secondo piano, è previsto nei primi mesi del prossimo anno. Il pubblico potrà invece vedere l’opera in anteprima il 21 dicembre, nelle fasce orarie 10-13 e 14-16 presso il Laboratorio dell’Opificio delle Pietre Dure alla Fortezza da Basso (accesso gratuito, necessaria la prenotazione su https://opd-effettorestauro.eventbrite.it)