CAMERA Torino – Centro Italiano per la Fotografia di Torino dedica l’estate 2025 a una figura cardine della fotografia del XX secolo: Alfred Eisenstaedt. A trent’anni dalla scomparsa e a ottant’anni dallo scatto di “V-J Day in Times Square”, la celebre immagine del bacio tra un marinaio e un’infermiera che siglò simbolicamente la fine della Seconda guerra mondiale, arriva in Italia una grande retrospettiva inedita.
Dal 13 giugno al 21 settembre, la mostra – curata da Monica Poggi – propone 150 fotografie, molte delle quali mai esposte prima, che restituiscono la densità e la varietà di un archivio visivo capace di attraversare con precisione storica e sensibilità poetica i passaggi cruciali del secolo breve.
Un testimone discreto e implacabile
Nato nel 1898 a Dirschau, nell’allora Prussia Occidentale, Eisenstaedt inizia a fotografare da adolescente con una Eastman Kodak Nr. 3. I suoi primi lavori per l’Associated Press e la Berliner Illustrirte Zeitung lo portano, alla fine degli anni Trenta, a ritrarre alcuni dei protagonisti più oscuri della storia europea: tra questi, un giovanissimo Joseph Goebbels, immortalato in un ritratto che ancora oggi inquieta per l’intensità dello sguardo ostile rivolto all’obiettivo, dopo aver scoperto l’identità ebraica del fotografo.
Nel 1935, costretto a lasciare la Germania a causa delle leggi razziali, si trasferisce negli Stati Uniti. L’anno successivo inizia la collaborazione con Life, che farà di lui uno dei volti più riconoscibili del fotogiornalismo mondiale. È in questo contesto che Eisenstaedt sviluppa uno stile personale: apparentemente discreto, ma capace di cogliere con precisione chirurgica le contraddizioni, le pose, i dettagli rivelatori di un’epoca.
Tra documento e immaginazione
La mostra torinese – la prima in Italia dal 1984 – attraversa cinquant’anni di carriera, partendo dagli scatti della Germania pre-bellica fino alle opere degli anni Ottanta. Tra le immagini esposte si trovano i ritratti di icone come Marlene Dietrich, Sophia Loren, Marilyn Monroe, Albert Einstein e J. Robert Oppenheimer. Ma ciò che emerge con forza è la capacità di Eisenstaedt di trovare l’umanità anche nei luoghi meno prevedibili: tra i cartelloni pubblicitari di un’Italia in ricostruzione, nel Giappone post-nucleare, o nei movimenti delicati delle ballerine fotografate con un’eleganza che richiama la pittura di Degas.
Due sezioni della mostra approfondiscono il reportage europeo degli anni Trenta e il successivo lavoro nell’Italia del dopoguerra, dove la modernizzazione si manifesta nei dettagli marginali: nelle strade, nella pubblicità, nei volti. È qui che la fotografia di Eisenstaedt diventa anche uno strumento di lettura dei cambiamenti sociali ed estetici in atto.
Ben lontano dall’estetica sensazionalistica, Eisenstaedt lavora sull’attimo come sintesi del visibile e dell’invisibile. «Quando scatto una fotografia – dichiarava – cerco di catturare non solo l’immagine di una persona o di un evento, ma anche l’essenza di quel momento». È forse questo il lascito più profondo del suo lavoro: la capacità di restituire la complessità di un secolo senza mai smettere di interrogare, con discrezione, ciò che accade davanti all’obiettivo.
CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia
Via delle Rosine 18, 10123 – Torino