LIVORNO – Sono venuti alla luce, sulla spiaggia di Baratti (Livorno,) i resti di un giovane schiavo in catene, con tutta probabilità sepolto vivo circa 2500 anni fa. La scoperta è avvenuta durante la campagna di scavo condotta dall’Università di Milano nel sito etrusco di Populonia.
Ad illustrare la scoperta è stato lo stesso direttore degli scavi, il professore Giorgio Baratti, docente di gestione dei cantieri archeologici all’Università di Milano e di etruscologia all’Università Cattolica di Milano, in un articolo apparso sul sito online “Archeostorie”. La sepoltura rinvenuta quasi intatta è una fossa semplice, scavata all’interno dell’antica duna di sabbia. Il giovane uomo, deposto supino, presenta le caviglie avvolte da due pesanti anelloni di ferro (uno per gamba) e l’impronta di un oggetto sotto la nuca, forse di legno, che doveva essere collegato a un collare in ferro rinvenuto leggermente sconnesso in prossimità del cranio.
Spiega il professor Baratti: “L’insieme di questi elementi segnala che l’individuo, verosimilmente uno schiavo, venne sepolto ancora costretto alla testa e ai piedi da un dispositivo composto da pesanti elementi in ferro, forse completato da legami in materiale deperibile (corda o cuoio)”.
Ciò che rende la scoperta di straordinaria importanza è la datazione, oltre ovviamente alla rarità di ritrovamenti di questo tipo. Pur in assenza di corredo funerario, la sepoltura può essere riferita a un’epoca precedente alla seconda metà del IV secolo a.C., forse tra VI e V secolo a.C., in pieno periodo etrusco quindi. Scrive infatti Baratti: “la tomba dell’uomo in ceppi fu realizzata all’interno di un’area di necropoli caratterizzata da una fitta rete di sepolture, tanto da essere stata intercettata successivamente da un’altra sepoltura scavata lo scorso anno; quest’ultima, disposta con andamento diametralmente opposto e direttamente al di sopra, presentava un ricco corredo databile appunto alla seconda metà del IV a.C.