ROMA – A scriverlo è lo stesso studioso in un articolo apparso il 15 gennaio 2016 sul sito della Treccani. Qui Di Vito elenca una serie di particolari della scultura che in qualche modo sarebbero la “firma” dell’artista proprio per farsi riconoscere, particolari peraltro incongruenti con le convenzioni fissate per l’iconografia del giovane re biblico. Ma andiamo per ordine. “David era giovane, bello, dallo sguardo bello (I Sam. 17,33), rosso di capelli (come Gesù I Sam. 16, 14-23). Michelangelo lo scolpisce giustamente bello, ma vagamente strabico (eteroforico)”. “Da qui a dire che si tratta di una statua di David ci vuole un bel coraggio. Se io volessi scolpire un David mi rifarei alle convenzioni che ne fissarono l’iconografia, cioè al testo biblico”, commenta lo studioso. La fionda che David tiene in mano, secondo Di Vito, “non è né una mazzafionda, né una fionda a forcella, e se esaminiamo attentamente la sua conformazione nastriforme, non troviamo alcuna raffigurazione di fionde di questo tipo. Le fionde erano costruite con due cordicelle di crine di cavallo e una tasca centrale, nella quale era disposto il proietto, esso era fatto roteare e lanciato verso il nemico a grande velocità in ragione della forza centrifuga, il lancio avveniva rilasciando dalla mano che li stringeva uno dei capi”. Quello che il David tiene in mano e che scivola lungo la schiena della statua è un nastro largo “e non può essere una fionda”. Secondo lo studioso si tratterebbe infatti di “una vera e propria striscia; al contrario della superficie del corpo dell’eroe presenta una ruvidezza ingiustificata, quasi che il marmo, lì, fosse stato lasciato grezzo e non levigato. La sua consistenza (nelle pieghe che si notano soprattutto in corrispondenza della mano sinistra che ne stringe il capo superiore) sembra quella del cuoio: una correggia di cuoio”. Quindi?cosa vuol dire questo? Perché una correggia di cuoio? Lo spiega Di Vito. Michelangelo era un virtuoso della smerigliatura del marmo, tecnica poco diffusa che si praticava con lo sfregamento di cinghie di cuoio ruvide, in mancanza di carte abrasive non ancora inventate. Per cui secondo lo storico dell’arte quella che tiene in mano David non è una fionda ma lo strumento di lavoro di Michelangelo.
C’è poi un altro elemento di non poco conto che secondo Di Vito andrebbe a supportare ulteriormente la sua tesi. Si tratta delle pubenda del David. Michelangelo ritrae David non circonciso. Come giustificare che un efferato circoncisore come David fosse incirconciso? (Proprio lui che, per sposare la figlia di Saul, dona al re ben duecento prepuzi di Filistei (I Sam. 18, 26-27). Il problema è troppo grande, la statua non può essere un David, prima di essere riconosciuta per quello che è veramente, ontologicamente, sottolinea lo studioso.
Ma non è tutto. Perché secondo Di Vito ci sono ancora altri elementi che permetterebbero di affermare che Michelangelo abbia voluto effettivamente ritrarre se stesso in giovane età.
Uno di questi particolari sarebbe ad esempio anche il naso ingrossato ai lati, “segno del pugno che Pietro Torrigiani aveva assestato a Michelangelo dopo un litigio”. E poi scrive ancora Di Vito: “Quando, nel 1501, Michelangelo viene richiamato da Roma a Firenze è ormai uno scultore affermato, che torna nel suo luogo di formazione. La ruota della Fortuna gira a suo favore. Il blocco di marmo che giaceva soltanto sbozzato all’Opera del Duomo, e che Michelangelo accetta di scolpire come un profeta da mettere su uno dei contrafforti della Cattedrale di Santa Maria del Fiore , era stato cominciato da Agostino di Duccio, che per motivi tecnici (marmo di bassa qualità) aveva rinunciato all’incarico. Michelangelo dimostra una prodezza pari a quella del giovane David, ha solo 26 anni, e accetta la battaglia con il blocco di marmo gigante, così come David scende in campo contro Golia. Il paragone non è un artificio retorico: l’identificazione di sé con il proprio personaggio è ampiamente supportata da un endecasillabo autografo riportato a fianco di un disegno preparatorio per il David bronzeo, sul foglio 714 r del Louvre, dove Michelangelo scrisse: “Davicte chollafromba et io chollarcho”. [Davide con la fionda ed io con l’arco]”.
Infine la somiglianza del David con il volto di Michelangelo Buonarroti, per come ci è descritto dal Vasari è del tutto plausibile, afferma ancora Di Vito. Insomma, per lo studioso il David marmoreo di Michelangelo Buonarroti è dunque “un gigantesco autoritratto nudo (una tipologia assai diffusa anche in pittura), nato come il calco in cera del proprio corpo, all’età di 26 anni, e trasferito con il finitorium di Leon Battista Alberti nel blocco di marmo già sbozzato da Agostino di Duccio, con mazzuoli, trapani, scalpelli, sgorbie e infine levigato proprio come è oggi levigata e smerigliata la Pietà Vaticana”. Michelangelo, conclude Di Vito, vuole autoritrarsi nel David, e farsi riconoscere, firmandolo col proprio corpo e col proprio strumento di lavoro.