ROMA – La ricerca artistica proposta da Delphine Valli (Champigny-sur-Marne, Francia, 1972) è uno sconfinamento in territori inesplorati, dove diversi e complessi riferimenti culturali danno vita a una “topografia” che, ricollegandosi al vissuto dell’artista, riunendo tradizioni, culture e usanze geograficamente distanti, si configura come un ricongiungimento con le proprie origini. Come ogni percorso di viaggio, la ricerca di Delphine si lascia attraversare, nutrita da una componente intima, a tratti spirituale e filosofica, se non addirittura per alcuni versi “psicoanalitica”, ancor prima che concettuale.
Diplomata in Scultura all’Accademia di Belle Arti di Roma, Delphine predilige la scultura, con installazioni in situ di matrice astratta, geometrica, con l’uso del colore come elemento costitutivo, sfiorando la dimensione decorativa. Il modulo, che può sembrare apparentemente costante, non smette invece di risultare sempre significativo, riaffermandosi nel tempo, tanto sul piano dell’estetica che del sottinteso concettuale.
Vincitrice della X edizione dell’Italian Council, l’artista avrebbe dovuto realizzare il progetto The Impossible Present con una residenza a La MaisonDAR ad Algeri, che per “problemi politici e amministrativi” – come lei stessa spiega – è stata invece sostituita con quella a LE 18 Derb el Ferrane, a Marrakech, in Marocco.
Un ritorno alle origini utopico e impossibile
Il tema del ricongiungimento e del ritorno alle origini è il fil rouge della residenza prevista inizialmente in Algeria. L’artista ha vissuto ad Algeri dai primi mesi di vita fino ai 16 anni, immersa nella cultura islamica. “La mia ricerca per il progetto oltre a ricongiungermi all’Algeria, dove sono cresciuta, era orientata più in generale a un ricongiungimento con la cultura tradizionale islamica che, inconsapevolmente, ha plasmato la mia sensibilità e influenzato il mio lavoro. Il bisogno di andare ad Algeri si stava dunque imponendo, sia per il mio lavoro artistico, che per la mia stessa esistenza. Proprio la mia ricerca mi spingeva, quindi, a tornare in quel luogo per comprendere ciò che si era sviluppato in modo capillare nelle forme che il mio lavoro ha poi di fatto assunto, senza che io ne abbia mai avuto piena coscienza. Significava ricongiungere elementi differenti e comprendere a fondo ciò che finora avevo realizzato solo in maniera intuitiva. Il ritorno è tuttavia una questione molto complessa: sapevo che tornare indietro non sarebbe stata una cosa semplice. L’esilio, come il ritorno, mettono profondamente in crisi il concetto di identità”.
L’impossibilità effettiva di ritornare in Algeria ha quindi alimentato ancor più la riflessione di Delphine sulla questione del ritorno, ritenuto utopico o addirittura impossibile. Nel momento in cui questa impossibilità effettiva si è trasformata curiosamente in realtà è divenuta, però, parte stessa del nuovo progetto.
Delphine ha, infatti, trovato un’altra via percorribile verso la cultura islamica. “Con Cristina Cobianchi di AlbumArte abbiamo riflettuto e scelto il Marocco, dove ero già stata da bambina, quando vivevo ad Algeri. Abbiamo pensato a Marrakech. Cristina già conosceva ‘Le 18’, che ha immediatamente accolto la nostra richiesta di aiuto. Cambiare residenza in corso d’opera è una cosa piuttosto insolita, ma fortunatamente la tipologia della loro piattaforma è molto aperta e sono stati felici di ospitarmi”.
L’arrivo in Marocco e il progetto “The Impossible Present”
Il progetto prevede una residenza di due mesi e mezzo. Delphine è arrivata a Marrakech il 14 agosto scorso, mentre il ritorno è previsto per fine ottobre 2022. “Una volta arrivata nella Medina, la prima sensazione è stata quella di trovarmi tra veglia e sogno, complice sicuramente l’arrivo di notte. È stato come essere proiettata in un’altra dimensione, onirica o irreale. Il giorno successivo questa sensazione è svanita, sostituita da quella di essere a casa. Una sensazione percepita a livello fisico, come una memoria che riemerge riconoscendo aspetti estremamente familiari.”
Il progetto, pur concepito per Algeri, non è cambiato ai fini della ricerca di Delphine. L’obiettivo di The Impossible Present rimane comunque quello di sviluppare la consapevolezza di un’appartenenza, di comprendere più a fondo l’influenza della cultura, dell’arte islamica e dello spirito che l’attraversa. “Rimane a tutti gli effetti un progetto sul ricongiungimento con la cultura di origine e con l’infanzia. Una stratificazione di significati si sono proiettati nel mio lavoro artistico che, anche se astratto, è attraversato dalla mia esistenza e questo non fa che renderlo più ‘umano’”.
Il progetto prevede la realizzazione di un libro artistico con Parallelo42 Contemporary Art, che è lo sponsor culturale del progetto. “Sarà un oggetto grafico e artistico che riunirà il materiale elaborato durante la residenza, con i testi critici di Melania Rossi, Giulia Fabbiano e Bianca Cerrina Feroni, testi miei integrati da fotografie e da alcuni dei disegni progettuali per pitture murali. Fisseranno e restituiranno in maniera visiva l’esperienza vissuta e gli scambi culturali ad essa legati”.
The Impossible Present si riaggancia in qualche modo all’ultima personale di Delphine, dal titolo Climax, ospitata presso AlbumArte dal 21 maggio al 6 giugno 2019, che presentava appunto una serie di pitture murali unite ad elementi materiali. L’attuale progetto si muove, quindi, lungo un asse che unisce Roma, Marsiglia e Marrakech.
“Marsiglia e Roma sono state essenziali nella mia formazione artistica e mi riunisco con il Maghreb. Insomma, è come riunire dei pezzi. La mia ricerca sposta la sua attenzione verso sud, lasciandomi l’occidente alle spalle senza dimenticarlo, ovviamente”.
Cambiare la prospettiva antropocentrica
La cultura islamica è il cuore del progetto di Delphine, vissuta sia da un punto di vista più intimo che da un punto di vista più ampio, presupponendo un paragone con l’arte occidentale, portato avanti attraverso lo studio del volume di Hans Belting, dal titolo “I canoni dello sguardo. Storia della cultura visiva tra Oriente e Occidente”. “Il libro mi ha aiutato a cogliere le due culture nelle loro essenziali differenze. La cultura occidentale è una cultura dell’immagine, dall’epoca classica ad oggi, quella islamica no. L’arte islamica, in cui la prospettiva è assente, si basa su studi scientifici sulla traiettoria dei raggi luminosi e non sull’immagine. Quella occidentale è una prospettiva antropocentrica. Come afferma Belting: Avendo rinunciato alla libera percezione, quest’ultima rimane vincolata a un’unica posizione e a un occhio immobile. Nella fotografia, ad esempio, anche l’osservatore è al centro dell’immagine, perché dietro la fotografia c’è lo sguardo di chi fa lo scatto. La prospettiva non è dunque universale, ma legata a una determinata cultura. Forse con questo viaggio voglio cambiare prospettiva?”.
Un ricongiungimento intimo e geografico
Lo studio della cultura islamica rappresenta per Delphine un modo per far chiarezza e fissare alcuni punti essenziali rispetto a una ricerca portata avanti nel tempo, più per intuizione che per consapevolezza. “La consapevolezza conduce verso una rinnovata libertà”.
D’altra parte, il percorso intrapreso rappresenta un ricongiungimento sia a livello intimo che geografico, coinvolgendo tre città, senza escludere completamente neanche Algeri, visto che Delphine è comunque in contatto con la La MaisonDAR.
I primi quindici giorni a Marrakech sono stati “un momento di sopralluogo”, mentre la residenza effettiva si svolgerà tra settembre e ottobre. “Finora ho immagazzinato delle sensazioni. Mi muovo per confrontarmi con realtà diverse e con persone che lavorano qui e abbiano anche conoscenza dell’arte islamica. Sono ad esempio stata messa in contatto con un architetto che proviene da una famiglia di Sufi o ancora con uno specialista del patrimonio Gnawi, confraternita mistica. Mi interessa molto anche l’aspetto spirituale, non esplicito, di cui l’arte islamica è intrisa. Non potendo rappresentare la figura divina, invisibile per natura, i modelli islamici hanno interiorizzato il dato spirituale palesandolo in altro modo”.
Il presente impossibile
Il titolo del progetto The Impossible Present – spiega Delphine – “è stato trovato attraverso un generatore automatico di titoli di arte contemporanea, un po’ ironici. Questo mi è piaciuto perché rispecchiava sia la crisi globale, climatica, ambientale e sociale, che un dato personale ed esistenziale. Si sta vivendo un presente impossibile, anche se sembra si cerchi a tutti i costi di rimuoverlo o forse, proprio per questo. Dal mio canto, finché non mi ricongiungevo con la cultura di origine, il mio presente stava diventando quasi “impossibile”così come il mio lavoro, che mi riporta invece ad essa.”
Per Delphine non si tratta dunque di un semplice tassello, ma della ricerca di una dimensione essenziale ed esistenziale, di un passaggio obbligatorio. “La sensazione che avevo era di vivere una ipnosi generale, in un mondo che necessita davvero di un cambio di paradigma, di valori, di priorità”.
Il lavoro di Delphine propone quindi una prospettiva di indagine che travalica il visibile, coinvolgendo la dimensione invisibile. “I miei interventi tendono a sollecitare lo spazio convocando in questo modo il dato invisibile, considerato alla pari del dato visibile, materiale, evocando di conseguenza ciò che non si vede, ciò che per dolore o altro si tende a rimuovere”.
Il senso del titolo è quindi quello di rendere possibile un presente che per tanti aspetti, spesso dolorosi, appare impossibile da vivere, sia a livello intimo che a livello sociale e ambientale.
“Il presente è anche impossibile se si perde una parte del proprio passato, la memoria o l’infanzia. L’idea affiorata già nei primi giorni che ero qui è stata proprio quella di andare incontro alla bambina che sono stata”.
L’arrivo a Medina, che con le sue strade chiuse è una specie di labirinto, rappresenta per Delphine un percorso a ritroso, costellato di incontri ed episodi simbolici, significativi, quasi a suggerire un’immersione in una dimensione “psicoanalitica”. “È come se la mia infanzia mi stesse sollecitando”.
Dopo la residenza, Delphine incontrerà gli studenti della FAI-AR, formazione artistica di riferimento dedicata alla creazione nello spazio pubblico, a La Cité des Arts de la Rue, a Marsiglia.
Il progetto verrà presentato al suo ritorno da Marrakech e restituito alla fine del percorso di ricerca con due Talk d’artista ad AlbumArte, Roma. Nel mentre, verrà presentato al pubblico il libro d’artista realizzato con Parallelo42 Contemporary Art.
Con il supporto curatoriale di Melania Rossi.
Partner culturali
Mucem, Dipartimento della Ricerca, Marsiglia
Opera Mundi, Marsiglia
FAI-AR a La Cité des Arts de la Rue, Marsiglia
Les Ecrans du Large a La Friche Belle de Mai, Marsiglia
AlbumArte, Roma
Sponsor culturale
Parallelo42 Contemporary Art
Il progetto è stato realizzato grazie al sostegno dell’Italian Council (X edizione, 2021), programma di promozione internazionale dell’arte italiana della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.