MILANO – Un esercito di occhi digitali osserva le rovine del mito classico. Si animano, reagiscono, interagiscono. Ma non sono statue animate da una furia prometeica: sono sculture robotiche, organismi cibernetici che sfidano la tradizione plastica per rinegoziare il senso stesso dell’umano. È attorno a questa tensione che ruota Sguardi diversi – Quando i robot incontrarono gli antichi Dei, mostra personale di Ale Guzzetti, in programma alla Fondazione Mudima di Milano dal 6 maggio al 6 giugno 2025, a cura di Gino Di Maggio.
Un percorso pionieristico nell’arte interattiva
Tra i primi artisti italiani ad affrontare in modo sistematico il rapporto tra arte e tecnologia, Ale Guzzetti si muove fin dagli anni Ottanta lungo una traiettoria che sovverte i confini disciplinari. Le sue sculture interattive non si limitano a rispondere allo spettatore: spesso lo anticipano, lo scrutano, lo coinvolgono in una danza silenziosa ma intensa, dove la centralità umana viene decentrata a favore di un ecosistema sensibile e reattivo.
Le Sculture sonore – assemblaggi di plastica e circuiti, realizzati fin dal 1983 – tracciano già una precisa direzione: l’opera come dispositivo senziente, capace di reagire a stimoli visivi, tattili, sonori. Ma è con l’ingresso nel mondo della robotica e della stampa 3D che il lavoro di Guzzetti si radicalizza, fino a generare figure ibride, capaci di interrogare non solo la percezione estetica, ma anche la soglia etica della nostra convivenza con il non-umano.
Sguardi che interpellano, ritratti che osservano
I robot di Guzzetti non imitano la vita: la riscrivono. Nella serie Robot Portraits, celebri personaggi storici e letterari – da Dante a Cleopatra – appaiono trasformati in busti ironici, dotati di occhi meccanici e sensori che seguono i visitatori. L’effetto è perturbante: il classico viene inghiottito dall’elettronica, e lo spettatore diventa oggetto dello sguardo, non più soggetto privilegiato della visione.
Questa dinamica si estremizza negli Affective Robots, dove automi trasparenti cercano un contatto visivo o fisico, come in Impossible Kiss (2012), un bacio mancato tra due androidi che mimano la tenerezza umana. Qui l’emotività è simulata, ma l’effetto è autentico: lo straniamento lascia spazio a un’empatia spiazzante, che riflette sulla futura ambiguità delle emozioni sintetiche.
Il dialogo tra classico e artificiale
La tensione tra passato e presente esplode nel nucleo centrale della mostra, che dà il titolo all’esposizione. In Quando i robot incontrarono gli antichi Dei, Guzzetti prende in prestito figure emblematiche dell’antichità – la Medusa Rondanini, il Torso Gaddi, Hypnos – e le trasfigura in creature ibride: sculture classiche potenziate da device contemporanei, come se le divinità del passato tentassero di sopravvivere nella nostra epoca post-organica.
Lo spettatore è costretto a confrontarsi con un’immagine speculare: quelle figure sembrano provenire da un futuro distopico, ma in realtà non fanno che riflettere la nostra condizione presente, ormai inseparabile dalla tecnologia. Gli occhi dei robot ricalcano il gesto automatico dello scrolling sui nostri schermi: un riflesso condizionato che ha modificato il modo stesso in cui osserviamo il mondo.
Installazioni ambientali e nuovi modelli di relazione
Il percorso espositivo culmina con due grandi installazioni, che esemplificano la complessità poetica del lavoro di Guzzetti.
Il Bosco delle Ninfe (2020–2022) è una foresta artificiale di statue greche deformate, che evoca l’estetica del glitch (l’utilizzo degli errori digitali o analogici a fini estetici) e la mutazione dei dati digitali. Le forme, allungate come ombre, emettono suoni alterati quando percepiscono la presenza del pubblico, instaurando un dialogo intimo, quasi rituale. Un’opera che esplora la distorsione percettiva nell’epoca della smaterializzazione dell’immagine.
100 voices choir (2019), invece, è una lunga scultura sonora composta da cento bocche e orecchie, che si attivano al passaggio dei visitatori generando una polifonia randomica. La voce dell’opera non è più singolare, ma collettiva, ambientale, emergente.
Techno Gardens: natura, robotica e etica post-umana
Accanto alla dimensione espositiva, Guzzetti sviluppa dal 1999 un progetto parallelo, i Techno Gardens, in cui minuscole sculture robotiche vengono installate nei luoghi più remoti del pianeta e nei più famosi musei del mondo. Alimentate da pannelli solari, queste presenze artificiali vivono in simbiosi con l’ambiente, ridefinendo i parametri dell’arte ambientale e relazionale.
Nel dialogo tra pianta, robot e essere umano si delinea un nuovo orizzonte etico ed estetico. «Quest’interazione, inedita – dichiara Guzzetti – infonde una nuova consapevolezza estetica – la nano scultura che si contrappone alla scultura monumentale, il concetto di sporogenesi contro quello di site-specific – ma soprattutto etica: la connessione autentica, non soltanto virtuale, tra tutti gli esseri viventi che abitano la Terra».
Un artista della complessità
Formatosi tra Brera e il Politecnico di Milano, Guzzetti ha attraversato la musica elettronica, l’interattività e l’intelligenza artificiale con un approccio transdisciplinare, influenzato dalle teorie di Edgar Morin, Ceruti e Bocchi. Le sue opere – presenti in importanti collezioni e musei internazionali – non offrono risposte, ma pongono domande urgenti: che forma ha oggi l’umano? Quali sguardi ci abitano? E cosa accade quando quegli sguardi non sono più solo i nostri?
Vademecum
SGUARDI DIVERSI – Quando i robot incontrarono gli antichi Dei
A cura di Gino Di Maggio
Fondazione Mudima, via Alessandro Tadino 26, Milano
Date: 6 maggio – 6 giugno 2025
Orari: dal lunedì al venerdì, dalle ore 11 alle 13 e dalle 15 alle 19. Sabato e domenica chiusa.
Ingresso libero.
Informazioni su: www.mudima.net