ROVIGO – Il silenzio può attrarre una folla. Lo sta dimostrando la mostra dedicata a Vilhelm Hammershøi (Copenaghen, 1864–1916) a Palazzo Roverella a Rovigo, che dalla sua apertura lo scorso febbraio sta registrando un’affluenza sorprendente di visitatori, molti dei quali dichiarano di scoprire per la prima volta l’universo di uno degli artisti più poetici del panorama europeo tra Otto e Novecento.
Chi entra per curiosità, spesso senza conoscere a fondo il suo nome, ne esce con la consapevolezza di aver incontrato un gigante dell’arte moderna, lontano dai soliti percorsi eppure di sconvolgente attualità. Le presenze numerose e il costante interesse dimostrano come il fascino muto e sospeso delle sue stanze, delle sue luci rarefatte, della sua pittura introversa e rigorosa sappia parlare con forza al pubblico contemporaneo.
La poetica del silenzio
Quella di Hammershøi non è una pittura decorativa. È una forma di pensiero visivo, che si esprime attraverso elementi minimi: una porta socchiusa, una finestra che lascia entrare una luce lattiginosa, una figura femminile che guarda altrove.
Se Hammershøi fu presente alla Biennale di Venezia nel 1903 e nel 1932, e all’Esposizione Internazionale di Roma nel 1911, da allora in Italia la sua opera non è mai più stata al centro di una riflessione approfondita. La mostra rodigina colma, dunque, una lacuna storica.
Il nucleo di opere in mostra, selezionato con rigore da Paolo Bolpagni, riunisce alcuni dei più emblematici lavori dell’artista, la cui produzione – limitata e ricercatissima – è difficile da radunare. Gli interni sospesi, le figure viste di spalle, le vedute urbane vuote, i toni grigio-perlacei: tutto concorre a un’estetica dell’attesa, della rarefazione, dell’intimità.
Il curatore descrive così il cuore della sua ricerca:
“Il silenzio, la solitudine, l’attesa sono il contenuto della sua produzione, quintessenza di un preciso modo d’intendere l’arte e la vita, con spirito prettamente nordico”.
Promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, in collaborazione con il Comune di Rovigo e l’Accademia dei Concordi, con il sostegno di Intesa Sanpaolo e il patrocinio dell’Ambasciata di Danimarca in Italia, la retrospettiva – la prima mai realizzata in Italia – riunisce un nucleo di opere capaci di restituire il respiro profondo della pittura di Hammershøi.
La risposta entusiasta del pubblico testimonia quanto questa pittura dell’assenza e del silenzio trovi oggi un’eco potente: nella frenesia dell’immagine, il vuoto di Hammershøi si impone come uno spazio di contemplazione necessario.
Un artista nordico che guardava all’Italia
Un elemento inedito dell’esposizione riguarda il rapporto tra Hammershøi e l’Italia. Sebbene la sua produzione sia rimasta ancorata a soggetti nordici, l’artista viaggiò nel nostro Paese, visitando Roma e riflettendo sull’arte del Quattrocento, da Giotto a Beato Angelico, da Masaccio a Luca Signorelli.
Una sola opera italiana è nota – ed è in mostra – ma gli echi della classicità e della spiritualità rinascimentale percorrono in profondità la sua pittura. Bolpagni mette in luce anche come alcuni pittori italiani della generazione successiva abbiano colto e assorbito la lezione di Hammershøi, talvolta attraverso riproduzioni, talvolta per via diretta, e come riviste italiane di primo Novecento, come Il Marzocco ed Emporium, avessero già intuito la portata del suo lavoro.

Una mostra costruita sul dettaglio
Il percorso si articola in tre sezioni principali – interni, ritratti e vedute architettoniche – arricchite da un confronto tematico con artisti del Nord Europa e dell’area mediterranea che, in modi differenti, hanno praticato una pittura del silenzio e della sospensione: da Fernand Khnopff a Henri Le Sidaner, da Oscar Ghiglia a Giulio Aristide Sartorio, fino a Onorato Carlandi.
La mostra si conclude con un omaggio contemporaneo del fotografo spagnolo Andrés Gallego, che rilegge lo sguardo di Hammershøi attraverso il proprio obiettivo.
Ad accompagnare l’esposizione, un ampio catalogo edito da Dario Cimorelli Editore, con saggi di Paolo Bolpagni, Claudia Cieri Via, Luca Esposito, Francesco Parisi e Annette Rosenvold Hvidt, che approfondiscono aspetti critici e storici finora poco esplorati.
Palazzo Roverella, www.palazzoroverella.com