ROMA – È grazie alle indagini del Comando dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, Nucleo di Ancona e del Tribunale di Pesaro, che 9 epigrafi trafugate decenni fa sono tornate al Parco Archeologico di Ostia Antica. Si tratta di iscrizioni su marmo illecitamente sottratte da Ostia intorno alla metà del secolo scorso e confluite in una collezione privata.
I documenti epigrafici di carattere funerario, originariamente destinati alle aree sepolcrali dislocate nel territorio dell’antica Ostia, potranno quindi ora essere ricongiunti al contesto di provenienza, contribuendo ad approfondire le conoscenze sulla società della colonia romana alle foci del Tevere.
Le epigrafi ritrovate sono solo una piccola parte dell’immenso patrimonio storico-artistico ostiense disperso in Italia e all’estero. Sono altresì testimonianza “dell’impegno – si legge in una nota del Parco Archeologico – da parte delle autorità preposte nei confronti della tutela dei beni culturali per contrastare il traffico illecito di reperti”.
Una prima indicazione ai Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Ancona è stata data dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Ancona, Pesaro e Urbino, in particolare dal funzionario archeologo Maria Raffaella Ciuccarelli che, grazie alla collaborazione di Andrea Raggi, docente dell’Università di Pisa, ha segnalato come alcune delle epigrafi in questione fossero presenti nello studio pubblicato di Fausto Zevi (insieme a M. L. Caldelli, M. Cébeillac- Gervasoni, N. Laubry, I. Manzini, R. Marchesini, F. Marini Recchia), in ‘Epigrafia ostiense dopo il CIL. 2000 iscrizioni funerarie‘ (2018), nell’appendice relativa agli esemplari dispersi.
La conferma che le epigrafi provenissero da Ostia antica si deve al contributo di studiosi esperti in epigrafia ostiense, quali Fausto Zevi, Maria Letizia Caldelli e Antonio Licordari.
La notizia dell’esistenza di questa “collezione archeologica” in una residenza privata a Fano (Ancona), già nel 1953, induce a supporre che il trafugamento si possa collocare negli anni ’40 del ‘900, subito dopo il Grande Scavo, realizzato in occasione del progetto per l’Esposizione Universale di Roma del 1942, nota come E42, interrotto dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, momento storico che ha visto anche l’incontrollata fuoriuscita da Ostia di numerosi reperti.
“L’enigma sciolto dai colleghi della Soprintendenza di Ancona, Pesaro e Urbino – spiega Alessandro D’Alessio, direttore del Parco archeologico di Ostia antica – ha richiesto un’indagine complessa, a partire da un gruppo di iscrizioni quasi mute, certamente antiche ma prive di qualunque relazione di accompagnamento o verbale di scavo. E’ vero che gli archeologi dispongono di strumenti con gli estremi di ogni iscrizione conosciuta, ma proprio per questo si tratta di decine di migliaia di voci, come cercare un ago nel pagliaio. Fondamentale l’intuizione della dottoressa Ciuccarelli che, con l’aiuto del professor Andrea Raggi, è stata in grado di individuare un indizio decisivo, un recente lavoro del professor Fausto Zevi che, nel 2018, aveva commentato in una pubblicazione proprio quelle iscrizioni funerarie ritrovate a Fano grazie ai Carabinieri del Nucleo per la tutela del patrimonio culturale. A dimostrazione che un reperto catalogato è ipso facto protetto dalla sua notorietà alla comunità scientifica, che unisce i tecnici del ministero della Cultura con quelli delle Università e delle amministrazione pubbliche“.